Monsieur Bovary si diverte e diverte –
anche conciso. “Padre Cruchard sono io”, è come se dicesse nel raccontino del
titolo, breve e inedito come tutte le prose qui raccolte, nel mentre che
scriveva “Bouvard e Pécuchet”. Da tempo del resto si firmava p. Cruchard con
gli intimi, in alternativa a “San Policarpo”, di cui celebrava gli onomastici, “Orso
delle caverne”, “Ganachon”, stupidone, e “Vecchia tata”. La sua breve “vita” è
uno spasso a ogni riga. Con dedica alla “Signora Baronessa Dudevant, nata Aurore
Dupin”, al secolo George Sand.
Invitato al “Vertice dei Tre imperatori”
per l’Esposizione Universale di Parigi nel 1868, alle Tuileries tra fuochi d’artificio
e balli, dà il braccio a molte signore, che non apprezza – scapolo, si
soddisfaceva al bordello – e incontra una pletora di personalità. “Il principe
Umberto”, futuro re d’Italia, “non ci capisce molto”. D’inventiva costante, l’“idiota”
p. Cruchard non se ne perde una. Altri “pezzi” sono memorie commosse degli
amici, quello di scuola, Alfred Le Poittevin, di
cui fu gelosissimo, e il compagno delle scorribande letterarie a Parigi, Louis
Bouilhet, il dedicatario dell’opera prima “Madame Bovary”. Con “Agonie”,
pensieri filosofici, e “Il funerale del dottor Mathurin”, le prime prove, a
14-15 anni, dedicate, con le “Memorie di un pazzo”, a Le Poittevin e a lui confidate.
Una pubblicazione del Centre Flaubert
per il centocinquantenario di “Bovary”. Con un succulento apparato di
note del curatore Yvan Leclerc, rimpolpato da Chiara Pasetti. Una chicca, anche grafica. E quasi un’autobiografia,
anzi un hyperselfie: “Quando ero
giovane e puro”, nel 1835, a 14 anni... Un giovane vecchio, molto sentimentale e inaffettivo.
Flaubert dice da subito molto di sé, come poi nella attivissima corrispondenza.
Qui si vuole “rabelaisiano” e “demoralizzatore”, ma in senso antifrastico - “Il funerale del dottor Mathurin” non è rabelaisiano (e non fu beneaugurante: Le Poittevin morirà giovane).
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