La letteratura del Duemila è, nell’ordine:
Michele Serra, Piccolo, Fabio Fazio, Crozza, Littizzetto, Severgnini, i
vignettisti in blocco, Antonella Cilento, Michele Mari, Wu Ming, Andrea Vitali,
Paolo Giordano, Scurati, Gipi (poesia a fumetti), Roberto Vecchioni, candidato
al Nobel, e altri cantautori, la tv-verità, “Braccialetti rossi”, WhatsApp, con
rimando a Ezra Pound, anche a Joyce, e a Apollinaire, e a Derrida (saggetto
molto “alto”, qui Paolo Costa, pluricontributore divertito più degli altri,
esagera), Amazon, i blog, google e il big data, google Italia, le librerie bar, il digitale e l’editoria fai
da te (una vera ricerca, questa, di Laura Cerutti, molto precisa, aggiornata),
l’e-book, il diritto d’autore, il kindle, la distribuzione congiunta
Messaggerie-Feltrinelli, “la retorica
della commozione” per invitare a “una presa di coscienza sulla condizione
omosessuale”, e il calo delle vendite, forse non dovuto alla crisi
economica. Con la fame nel mondo naturalmente – aggiornata: ora la fame è in
Africa, con le malattie.
Ci sono anche
Magris e Maurizio Cucchi, trattati, come
Piccolo, con qualche deferenza. E Romano Montroni – che ha reinventato la
libreria - che sa di che si parla. Per il resto, il “volume tiraturesco” 2015 Vittorio
Spinazzola decide che è, al quindicesimo anno del millennio, la letteratura del
secolo, se non del millennio, e rovescia tutto. La celebra con una cinquantina
di monografie. E liquida quella degli sperimentatori, delle avanguardie,
ammesso che ce ne siano ancora, e di ogni altro sopracciò, decidendo che il
giornalismo è meglio, e farsi leggere è tutto - meglio senza ingombro. Proprio
ora che il giornalismo è moribondo? È un canto alla memoria che il professore
emerito si concede con questo suo annuale almanacco?
Una divertente compiléscion. Con tono
grave, come si conviene a un’analisi che nasce sociologica, di sociologia della
lettura. Ma come prenderla sul serio. Spinazzola, professore emerito di
contemporaneistica, ne ha sicuramente viste di peggio – è uno dei pochi
italiani a non essersi biografato su wikipedia: non si prende sul serio, viene
da pensare, data la materia che annualmente lo prende. Qui accetta tutto, sul
presupposto che l’alto e il basso non debbano distinguersi. E non può essere
che un’antifrasi rabelaisiana.
Il Novecento voleva che si scrivesse
difficile, il Duemila non più. “L’epoca
duemillesca ha capovolto le carte in tavola, perché ha accettato il principio
funzionale della leggibilità. Le opere scritte sono fatte per essere lette”. E
quindi anche scritte mediocremente, senza lasciare traccia? Si. “Una cosa resta
comunque certa: oggi come oggi, un rispetto particolare va riservato a coloro
che si adoperano in favore di un incremento dei valori extraletterari più
consentanei a un incrocio di liberalesimo e democrazia; assieme, un privilegio
di simpatia spetta a quanti ricorrano a una scrittura di mediazione fra
nitidezza affabile e cordialità
disinvolta”.
Anzi, “all’aspetto più significativo di questo volume tiraturesco: il richiamo
dell’attenzione su quella categoria di scrittori-giornalisti che lavorano per
la grande stampa ma soprattutto per i mezzi audiovisivi”. Se non è ironico, il
lettore ci guazza doppio, che deve rifarsi dei tanti euro spesi inutilmente, per
libri di cui non ricorda nulla - il
giornale, come si soleva dire quando se ne facevano, il giorno dopo serve a
incartare il pese, il talk-show è dimenticato coi titoli di coda.
Essendo offerta
graziosamente dal Saggiatore, la lettura non fa male: bisogna sapere, in questo
il professore ha ragione, in che epoca si vive – lui non si spreca per più di
due paginette. Si lgge anche come il giornale, più in fretta.
Vittorio Spinazzola (a cura di), Tirature ’15. Intellettuali che fanno opinione,
Il Saggiatore\ Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, pp. 258 free online
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