Una riedizione che si segnala per
l’introduzione di Armando Torno, sulla genesi del saggio di Rensi. Voluto
dall’editore Formiggini per una sua collana di “Apologie”, cui Rensi contribuì
con l’atesimo e, a distanza di un anno, con lo scetticismo, di cui si
professava maestro. L’ateismo di Rensi si accompagna nella collana col
paganesimo di Giovanni Costa, e con le religioni rivelate, il cattolicesimo
(Bonaiuti),il taoismo, (Tucci), il buddismo (Carlo Formichi), l’ebraismo (Dante
Lattes). Per la serie “Le religioni”. Una seconda serie di apologie invece era
intitola “I quattro punti cardinali del pensiero filosofico”, e qui confluì l’apologia
dello scetticismo.
Perché il profilo editoriale è
importante? Perché è un fatto culturale, analogo a quello odierno. Del
trattatello in sé, che apprezza per la vivacità (“questo filosofo fu anche
giornalista e sovente il pensatore cedeva il passo all’articolista efficace”), Torno
non fa grande caso: “I grandi sistemi di pensiero che hanno cercato di demolire
Dio sono stati degli abili esercizi mentali più che delle distruzioni di fede”.
La
professione ateista sa di asfittico. Per il motivo, forse, che Simone Weil
individuava due decenni dopo Rensi nelle “Forme dell’amore implicito di Dio”:
“Il concetto di morale laica è un’assurdità perché la volontà è impotente a
produrre la salvezza. Ciò che si chiama morale, infatti, fa appello alla
società, e proprio a ciò che essa ha, per così dire, di più muscolare. La religione
invece corrisponde al desiderio, ed è il desiderio che salva”. Rensi vuole
l’ateismo “la più alta e più pura delle religioni”.
Ne capisce cioè il controsenso. Ma non rimedia. I suoi riferimenti sono latini,
Epicuro, Lucrezio, e cioè uno stoicismo ridotto quasi all’aspetto muscolare.
Per il resto, vale il già detto:
Giuseppe Rensi, Apologia dell’ateismo, La vita felice, pp. 107 € 8,50
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