Tanta
buona volontà, forse, tante chiacchiere sicuramente, e tanta superficialità. All’insegna
del piccolo business. Un’emergenza che dura da venticinque anni, gestita all’insegna
della carità, che solo si preoccupa di avere “più risorse”, meglio se europee. All’insegna
del “salviamo le vite umane”. Dopodiché niente più interessa: chi sono queste
masse, da dove vengono, che cosa realmente fuggono, quali prospettive si pongono:
il terzo settore non sa, non chiede, non ascolta, gli basta gestire i 30 o 40
euro al giorno dell’accoglienza per ogni immigrato.
Frutto
di incapacità, forse. Il terzo settore è pieno di buona volontà ma con un
personale per molti aspetti di scarto – il terzo settore funziona esso stesso
da recupero psicologico e sociale. Dagli orizzonti limitati. Tipo quelli che
“Mafia Capitale” ha illustrati, ma che sono generali, e noti a tutti: il terzo
settore vive della carità pubblica. Della gestione della carità pubblica, un
piccolo business. Compresa l’accoglienza. Che tanto piccolo business non è, è
anzi la stella del terzo settore, più dell’assistenza ai tossicodipendenti o di
quella ai senzatetto. È così che la questione si risolve con appelli alla Ue.
Cioè ad avere più soldi da Bruxelles.
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