mercoledì 15 aprile 2015

L’anacoluto ribelle

Henri Thomas, traduttore dal tedesco (specie di Jünger), e insegnante di francese a Londra e negli Usa, ha elaborato il romanzo-verità che ora fa la fortuna di Emmanuel Carrère, con “John Perkins”, premio Médicis 1960, e “Spergiuro” quattro anni dopo. Quest’ultimo romanzo fa – o è come se – il ritratto di Paul de Man negli Usa, e per questo incuriosisce Derrida, che dello scrittore belga fu collega nelle università americane e amico. Rintraccia Thomas, cerca i suoi precedenti scritti, e per la celebrazione di un altro amico in comune con de Man, il semiologo e critico letterario americano Joseph Hillis Miller, sceglie di decostruire lo spergiuro. Nel lessico – la stessa parola è la cosa e il soggetto in francese (come in italiano), ma non in inglese, etc. E per l’aneddoto su cui il romanzo s’intesse: un europeo emigrato negli Usa che si risposa giurando di non essere sposato, e quindi viene incolpato di spergiuro. De Man aveva vissuto questa situazione.
Il doppio matrimonio aveva travolto de Man, professionalmente e psicologicamente. Lo stesso avviene al protagonista di Henri Thomas. Sono comuni anche gli eventi collaterali, nel romanzo di  Thomas e nella vicenda de Man. Derrida si diverte a rimetterli in parallelo. Ma non è tanto la somiglianza che lo diverte – Thomas potrebbe aver saputo di de Man prima dell’incriminazione per spergiuro. Lo diverte alleggerire la posizione di de Man, che come il protagonista di Thomas può dire a chi gli obietta lo spergiuro: “Si figuri che non ci pensavo”. E più per rendere omaggio a Hillis Miller sulle proprietà dell’anacoluto nel linguaggio. Di cui lo studioso americano fa tesoro nelle sue letture di Proust – ma già de Man aveva aperto la breccia, su Proust e l’anacoluto.
Derrida non ne viene a capo. L’anacoluto si ribella alla decostruzione – non c’è un io immutabile. E allora mette sotto accusa il “noi”. Nella forma del matrimonio – essendo il matrimonio impossibile, de Man non è colpevole di spergiuro. Per l’autorità di Kierkegaard, Kafka (“Lettera al padre”) e lo stesso Abramo. Follia del giuramento, follia del matrimonio. O almeno: “Non ci si dovrebbe sposare più di una volta” – eh sì, soprattutto per la parte economica.
Derrida dà l’idea di divertirsi. È un’idea, la filosofia come divertimento. Perché de Man è altro che anacoluto: non solo spergiuro, e padre inaccudente, ma collaborazionista in gioventù con loccupante tedesco al suo paese, il Belgio, un po antisemita, e un po troppo spregiudicato, pare, in affari. 
Jacques Derrida, Lo spergiuro, Castelvecchi, pp. 95 € 9

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