Agente letterario – Lunga
e documentata celebrazione su “L’Espresso” il 25 marzo di Roselina Salemi dell’agente
letterario. Se non che nessuno dei libri acclamati uno ha il desiderio di
leggere – forse la Perrella, fra tutti i citati, che lavora con Santachiara. Questi agenti, allora,
che cosa fanno “leggere”, e a chi? E quanto vendono esattamente? “Gomorra” si
vuole che abbia venduto due milioni e mezzo di copie, ma sicuramente non ha
avuto due milioni e mezzo di lettori - ce ne saremmo accorti: un po’ meno mafie,
anche editoriali.
Amore –
Non è grande tema romanzesco, contrariamente a quanto si crede. Non nel romanzo
europeo e americano dell’Otto-Novecento. In nessun italiano, eccetto che,
baluginante, in Pavese.
C’è
invece in Céline. Anche in Pound.
L’incapacità
d’amare, al contrario, non c’è vizio peggiore e miglior tema di romanzo: Dostevskij,
Flaubert, Proust, Joyce ci hanno fatto fortuna, anche Svevo. Anche Tolstòj, in
fondo, e naturalmente Zola, D’Annunzio e tutti i non romantici.
C’è
molto in letteratura sotto forma di sesso, ma più allora come disamore.
Berlusconi –
È il rifugio e la salvezza degli autori italiani. Non solo salva le case
editrici, ora anche quelle della Rcs (Adelphi, Bompiani, Rizzoli e altri marchi),
ma pubblica, valorizza, impone, si sa che è un abile venditore, anche quelli
che più fanno campagna contro di lui, come corruttore, puttaniere e fascista: Scalfari,
Camilleri, Ginsborg, l’elenco è lungo. Li innalza perfino a classici, ce li
rende lettura obbligata, e quasi religiosa. L’ultimo è Saviano, che dopo un
giro di valzer da Feltrinelli, è tornato da Berlusconi, che invece paga. Per
ora da “Amici”, non senza giustificazioni
naturalmente (“in queste trasmissioni si incontrano i giovani, che sono il mio
pubblico”), ma certo dalla porta di servizio.
Flaubert - Il
prometeico creatore di Madame Bovary trovava inutili e irritanti le donne, e
quando andava a Parigi andava al bordello. Dove talvolta Maupassant si esibiva
in coiti ripetuti, per il piacere dello stesso Flaubert e altri amici, che
potevano guardarlo.
Guy de
Maupassant era figlio di Laure Le Poittevin, sorella di Alfred. Gustave de
Maupassant, il padre, era noto a Flaubert e Alfred Le Poittevin come Béjaune (giovane sciocco e inesperto”,
Littré). Lo zio di Maupassant per parte di madre, Alfred Le Poittevin, era
stato l’amico del cuore di Flaubert, che gli aveva indirizzato e confidato i
suoi primi scritti. Un rapporto interrotto astiosamente quando Alfred decide di
sposare Louise de Maupassant, la sorella di Gustave – si fecero due matrimoni
incrociati. Salvo pentirsene alla stessa cerimonia di nozze e morirne due anni
dopo – ma dopo averle fatto un figlio. Flaubert ristabilì il rapporto con
Alfred solo dopo morto, ma allora con molte lacrime e abbracci al cadavere
scomposto.
Genere
– È irrilevante? La lista dei generi letterari è talmente lunga e minuziosa –
compilata da wikipedia, http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_literary_genres
che
è irrilevante di fatto al mercato. L’unico criterio è copiare subito il libro
che, per caso, ha avuto fortuna.
È
irrilevante anche perché in rapida continua trasmutazione. Una sigla, un
riferimento immediato, più che una realtà sostanziale: chicklit etc.
La
mappa dei generi di bookcountry
che
li gradua in quote di mercato non sembra neanch’essa realistica. Le fette più
grosse del mercato sono dei gialli – Mistery e Thriller - e del romantico.
Tallonati da vicino dal Fantasy. Seguono
Science-fiction, Donne, New Adult, Erotica, Light Comedy – generi che da tempo
non vendono nulla. Youg Adult fa largo spazio al paranormale...
L’unico
uso utile è in libreria per cercarsi da soli i libri.
Giuda – Ritorna
in libri di successo, di Amoz Oz e Zagrebelsky, ma sempre come traditore. Ida
Magli ne ha fatto in “Gesù di Nazareth” l’unico discepolo che abbia condiviso
il senso vero del vangelo: “L’unico che l’affronta”, affronta la morte, per il
dubbio di non aver capito, di aver
capito troppo”. E per questo “nessun
discepolo ha sofferto il Getsemani se non Giuda come l’ha sofferto Gesù.
Proprio perché non avevano capito che l’unica forza è nell’uomo, proprio perché
ricostruendo le costanti strutture del sacro – preghiera, rituali, sacrificio,
magia, mediatore – potevano aggrapparsi a una forza ritenuta più forte dell’uomo,
trascendente nei confronti dell’uomo, i discepoli «sono da più del Maestro»;
sono, cioè, più forti di lui, perché non e sposti al rischio del dubbio, della
propria debolezza, come, viceversa, Gesù nel Getsemani”.
E
ancora: “Il Getsemani è il momento in cui Gesù verifica che non solo non è
riuscito a convincere gli uomini che debbono lottare contro la morte, ma che
non è riuscito neanche a convincerli di quanto
sia illusorio e falso usare la morte come strumento per salvarsi”.
Heidegger – Un dottor Heidegger, nel racconto di
Hawthorne “L’esperiemnto del dottor Heidegger” (è ricompreso nella vecchia antologia
dei “Marmi” Longanesi, “Il ritorno dell’impossibile”) è un vecchio mago, che
illude i vecchi amici di una vita con l’acqua dell’eterna giovinezza. Cioè con
l’illusione. Dopo essere stato causa di innumerevoli disgrazie. Alle quali è
rimasto immune: il dottore è insensibile alle disgrazie che causa, compresa la
disillusione.
Il
“mago” della devota Hannah Arendt sembra identificarvisi, il vero Heidegger.
Come tale viene percepito all’improvviso con la pubblicazione, da lui voluta,
dei “Quaderni neri”. I filosofi non ci filosofano più, gli studiosi non lo
studiano, i traduttori non lo traducono, neanche questi “Quaderni” al successo
di scandalo, gli editori che se ne contendevano i titoli guardano altrove. Ci
sono perplessità pure in Germania, l’unico posto dove i “Quaderni” sono letti:
la Fondazione a suo nome si è svuotata e nessuno si propone in sostituzione.
Non tanto per l’antisemitismo, quanto per la povertà delle argomentazioni. Che
però gli era costante.
Rivedere
tutto richiederebbe una lunga indagine, Heidegger ha scritto tantissimo. Ma un
suo lettore ha netta questa sensazione: dopo aver esplorato la miniera aperta
dal disprezzato Husserl, con Jaspers, mezzo ebreo anche lui per parte di moglie,
e col fardello della riabilitazione a opera della infaticabile Arendt, il filosofo
dell’autenticità era presto rientrato nella Selva Nera. Con pensieri corti e
desolatamente grossolani. Da contadino figlio di sacrestano ergendosi a
montanaro perché aveva imparato a sciare, ma non più di tanto. Il respiro corto
era peraltro sempre stato costante in tutta la letteratura propria, articoli,
discorsi d’occasione, poesie, molta corrispondenza.
Quella
con la giovane Arendt, che per lui non era un’ebrea ma una diciottenne che
sapeva il greco, fumava, e amava l’amore, è desolante di pochezza: “Non
chiamarmi, chiamo io”, “Aspettani con la luce spenta”, “Non farti vedere quando
entri”, benché in luoghi remoti, fuori città. Nient’altro.
Machiavelli – L’anno di Machiavelli, il 2014, non è stato
prolifico. Le celebrazioni sono state numerose, ma ripetitive. Trascurato del
tutto nelle ambizioni letterarie, di commediografo, poeta, narratore. Le uniche
novità sono di scoperta non recente. Da ragazzo aveva copiato il “De rerum
natura” di Lucrezio - lo aveva copiato anonimo per non incorrere nelle
persecuzioni del frate Savonarola. La grafia è stata riconosciuta nel 1961.
Quattro
anni dopo, nei corsi universitari ora raccolti in “Alcune questioni di filosofia
morale”, Hannah Arendt ne rovesciava il presupposto: “È a mio avviso un fatto
incontrovertibile che la gente è spesso tentata
di fare il bene e deve fare uno sforzo
per compiere il male… E Machiavelli lo sapeva: è per questo infatti che nel
«Principe» sostiene di dover insegnare ai governanti «come non essere buoni»”. Anche perché, aggiungeva (ma è il punto
principale) “per Machiavelli la norma in base alla quale si giudica è il mondo,
non l’io - la norma è e esclusivamente politica”. Da qui la sua caratterizzazione
come filosofo morale – scienziato della politica: “Egli è più interessato a
quanto accade a Firenze di quanto lo sia alla propria anima”.
Sesso – Resta oscuro per l’arte, che non sa figurarlo,
più che per i preti. Flaubert dice il coito un bisogno immaginario - talvolta
vi indulgeva al casino, per non perdere tempo (Maupassant e Taine pure, ma con
regolarità, certi giorni della settimana, anche se non con la stessa puttana).
Simenon si vantava di farlo ogni giorno, con una o più squillo, e invece si sa
che era tutto famiglia. Il sesso “non esiste” in effetti in letteratura, se non
per cenni fugaci, detti pornografia, che è invece l’occupazione maggiore di
ogni essere umano, e probabilmente animale, più del lavoro. E dunque la
letteratura di che tratta?
Ma è un chiama e rispondi con Freud, questa dittatura del sesso sotto
forma di peccato, di mistero sfuggente. Nel momento in cui a esso si appende la
libertà, l’uno imponendolo, l’altro esecrandolo.
letterautore@antiit.eu
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