Confessione – Paul de Man,
prendendo a esempio Rousseau, mostra che la confessione d’autore è impossibile,
e dice perché. Analizzando l’aneddoto di Marion e del nastro rubato (che Rousseau
aveva rubato, incolpandone poi Marion, una ragazza che come lui serviva in casa
de Vercellis a Torino), nella prima parte delle “Confessioni”, de Man distingue
fra confessione e scusa: “Confessare è superare la colpa e la vergogna nel nome
della verità. È un uso epistemologico del linguaggio in cui i valori etici di
bene e male sono sostituiti dai valori di vero e falso”, scrive de Man al cap. “Scuse
(Confessioni)” in “Allegorie della lettura”. Ma l’autore che si confessa in
pubblico non s’impone di ristabilire la verità quanto di assolversi.
De Man, il padre della “scuola decostruzionista di Yale”, che
verrà alle cronache dopo morto per la sua biografia (collaborazionista in
guerra, antisemita, bigamo, spergiuro, padre assente e, pare, anche ladro), era
stato diffidente del genere autobiografia, come si legge nel saggio “Autobiography
as De-facement”, in quanto supponente, oltre che necessariamente falso – artificioso, costruito. Esteticamente, “nulla
di comparabile alla tragedia, l’epica, la lirica”. E in sé “piuttosto indecente
e autoindulgente”, incompatibile “con la monumentale dignità dei valori estetici”.
Downton Abbey – Il serial è
tutto nelle “Confessioni” di Rousseau, al libro Secondo, tra la signora de
Warens e la contessa di Vercelli. L’aneddoto con cui finisce l’occupazione ancillare
del giovanissimo Rousseau in casa della nobile torinese sembra un episodio di “Downton
Abbey”: rimasto senza impiego e senza buonuscita alla morte repentina della
contessa, ruba “un piccolo nastro color rosa e argento, ormai vecchio”, e incolpa
del furto Marion, “una giovane moriennese” da poco cuoca, “bella”, di “una freschezza
di colorito quale non si torva che in montagna”, e sopratttto di “un fare modesto
e dolce grazie al quale non si poteva vederla senza volerle bene”. L’oggetto
non ha alcun valore e il furto non è un furto, ma tutti i meccanismi del serial
vi sono in funzione: si parla di furto, se ne accentua la gravità, più tra i
servi che con i padroni, e il giovane, immoralista come sono tutti i giovani,
dice la prima cosa che gli viene in mente: “Me l’ha dato Marion”, scontando
magari che Marion per questo non verrà licenziata né punita.
Francese – “Les
combattants”, brillante commedia sulla mania della “sopravvivenza” (onere già
deprecato e rifuggito quando c’era la coscrizione obbligatoria), si propone nei
cinema in italiano come “The fighters”. Insieme col depliant, e il déssert.
Lillian Hellman – Eroina o
falsaria? Si rifiutò di testimoniare alla commissione McCarthy per le Attività
Antiamericane (1947-1952), e per questo fu a lungo apprezzata dall’opinione
liberale. Anche dalla scena teatrale, che non si privò dei drammi per cui era
celebre, malgrado McCarthy l’avesse incluse nella “lista nera”, dei personaggi
da proscrivere – Hollywood invece la cancellò. Questo fino al 1980. Dicendo no
alla convocazione di McCarthy, “Lilly” Hellman aveva detto che non aveva nulla
da dire al senatore, non essendo iscritta al partito Comunista. Era sembrata un’ottima
difesa, coraggiosa e insieme onesta. Ma nel 1980 Mary McCarthy, liberale e
progressista, rovesciò la prospettiva: Lillian
Hellman era una stalinista, aveva evitato la commissione McCarthy per non essere
incriminata di spergiuro, reato grave negli Usa, ma spergiura era lo stesso. A
Mary McCarthy si aggiunse Martha Gellhorn, una delle mogli di Hemingway, per
accusarla di falso nelle sue memorie, intitolate “Pentimento”, all’italiana, per
quanto riguardava Hemingway e la guerra di Spagna. E su questa revisione “femminile”
della sua storia Hellman morì tre anni dopo.
La storia cambia, anche rapidamente.
A Mary McCarthy sarà poi addebitata la carriera accademica
prestigiosa di Paul de Man negli Usa, dopo essere stato un collaborazionista in
Belgio. La scrittrice, allora giovane romanziera in voga, bella e anche
procace, che l’illustre critico e accademico Edmund Wilson aveva voluto
impalmare, conobbe socialmente Paul de Man, “rifugiato” dal Belgio pochi anni dopo
la fine della guerra, e lo introdusse in università prestigiose. De Man sarà uno
studioso di riferimento del decostruttivismo, letterario e filosofico, negli
Stati Uniti e in Europa. Ma dopo la morte nel 1983, un anno prima di Lillian
Hellman, si saprà che era stato collaborazionista in Belgio, antisemita, bigamo,
spergiuro, e forse ladro.
Microfonare – Il teatro microfonato
è una specie di Sanremo, o un talk-show tv, meno stentoreo ma sempre ugualmente
non emotivo. L’uso di recitare in teatro col microfono lo ha singolarmente appiattito.
È come se lo avesse privato della voce, che ora mantiene la stessa sonorità in
tutte le situazioni, che il personaggio parli di fronte o di spalle, lateralmente,
a fondo scena, fuori scena. Lo ha privato della profondità, in senso spaziale, che
nella scena ha molte funzioni – non è, non era, la stessa cosa sentire una voce
al proscenio, rivolta al pubblico, oppure in fondo alla scena, magari in un “a
parte”. Ha appiattito anche le inflessioni. Una nuova tecnica di recitazione
probabilmente maturerà con la voce artificiale, ma per ora questa è solo soprammessa,
gli attori preparandosi alla vecchia scuola, della dizione ausilio elettronico.
C’è una differenza sostanziale tra il teatro microfonato e quello
che ancora fa affidamento sulla voce dell’attore. Netto è il ricordo della
prima recita microfonata, alla prima de “Il diavolo con le zinne”, di Dario Fo
e Franca Rame, il 7 agosto al teatro Vittorio Emanuele a Messina, per Taormina
Arte. Fo aveva già rinunciato ad andare in scena, e Albertazzi che lo
sostituiva sembrava lui stesso impacciato. Perfino i movimenti – c’è molta ginnastica
ne “Il diavolo”, sembravano contratti, irresoluti.
Marie Regnier – Un nome un
destino? Non c’è parentela ma Marie Régnier, coetanea e conoscente di Flaubert,
ha un catalogo analogo a quello di Marie
de Régnier, due generazioni dopo. L’una nata Serrure, sposa del dottore
R.E.Regnier, la seconda nata de Hérédia, sposa del poeta Henri de Régnier, solo
questo le distingue. E le foto. Per il resto sono una copia l’una dell’altra. Entrambe
romanziere e drammaturghe, entrambe in arte con pseudonimo maschile, Daniel
Darc e Gérard d’Houville. Entrambe con patrocinatori eccellenti, Flaubert per
la prima, Pierre Louÿs – che ne era il cognato e ne fu l’amante – per la
seconda. Entrambe con una catalogo di opere porno soft. “Le follie di
Valentina”, commedia in un atto, la prima, con “La couleuvre”, “Le peché d’une
vierge”, “Petit bréviaire du parisien”, “Voyage autour du bonheur”, “Les
Rieuses”, “Joyeuse vie. Polygamie parisienne”. Per la
seconda: “L’incostante”, “L’esclave”, “Il tempo d’amare”, “Il seduttore”, “Jeune
Fille”, “Proprette et Cochonnet”, “Esclave amoureuse”.
Le foto per cui Gérard
d’Houville si segnala sono dei nudi in quantità con cui volle farsi immortalare
da Pierre Louÿs, amante di lungo corso - da cui ebbe un figlio – che aveva
sposato sua sorella minore, Louise de Hérédia. Marie de Régnier, che morirà quasi
novantenne nel 1963, si segnala per relazioni intime in gioventù anche con D’Annunzio,
Jean de Tinan, e altri letterati, col marito intrattenendo un matrimonio
bianco.
Terrorista – Non ha buona
letteratura. Neanche un buon terrorista nella letteratura europea. A partire
dai “carbonari”, che pure la scuola santifica – a lungo li ha santificati come libertari
e patrioti. Molto se ne è scritto ma contro: Dostoevskij, Stevenson, Conrad,
Belyj, Némirovsky, Sartre, lo stesso Camus de “L’uomo in rivolta”. Non c’è un’apologia delle Br, che pure fu un
vasto fronte intellettuale: tutti si dissociano e molti (Scalzone, Battisti)
negano, perfino l’evidenza.
Anche il combattente della Resistenza trova difficoltà a
eroicizzarsi. Per la condizione esistenziale (“L’uomo in rivolta” di Camus), e
per lo svolgimento reale della stessa, al di sotto dell’impegno politico e
della retorica. Sono forme di eroismo in contrasto con i tempi, sanitarizzati,
virtuistici – magari al coperto delle stragi affaristiche (la lira, l’euro, la
Grecia).
leterautore@antiit.eu
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