La
Grecia non uscirà dall’euro e in qualche modo pagherà i suoi debiti, ma la
crisi durerà ancora. Perché serve alle banche di affari e alle altre forze di
Borsa. Abbastanza forti da tenerla in piedi ormai da sei anni, fuori da ogni
ragionevole criterio. Più che un dramma una sceneggiata.
La crisi
greca è anche di famiglia, tra governi che fanno parte di una Unione e
s’incontrano e discutono ogni giorno, e quindi ancora più incomprensibile. Ma ovviamente
una ragione ce l’ha. Più di una.
Tsipras
fa un governo che non piace in Europa. Perché mette in crisi sia i socialisti
che le destre. E perché può stabilire un precedente: l’autonomia nazionale di
ogni singolo membro dell’Unione, sia pure il più piccolo e debole. Questo non
va bene perché l’Europa ama e si compiace dei direttori.
Ma non è
solo un gioco politico. I costi della sceneggiata greca sono elevati, e per
qualche paese oltre la Grecia stessa, sicuramente l’Italia, disastrosi. Questo
è l’esito dell’asimmetria della democrazia europea, per cui alcuni sono “più
eguali” degli altri. E delle debolezze italiane, in particolare quella del
governo Berlusconi, minato da Fini, cioè dalla destra, e dalla coabitazione con
Napolitano.
Ma la
questione non si chiude soprattutto perché la Grecia è il comodo punching-ball
della destra tedesca. Fino a Schaueble, il maggiore ministro dei governi
Merkel. E quindi della stessa Angela Merkel. La Germania ha sempre bisogno di
un colpevole.
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