Una passeggiata al mare per vedere il
tramonto sembrò tanti anni fa un consiglio da vecchia commedia da parte del
vecchio gestore dell’albergo Russo a Trapani, un gentiluomo. La cui memoria risorge
ammirata, nella composta eleganza, nella persona eretta, mentre si legge del
boom dei tramonti. Con viaggi organizzati. A Key West in Florida, a Benirras a
Ibiza, a Ola a Santorini, a Saô Vicente in Portogallo, e anche in città, al
ponte Santa Trinita a Firenze, o al piazzale Michelangelo.
Claudio Sabelli Fioretti si sorprende di
sentire che in Trentino, dove ha la residenza, non vogliono altri migranti.
Poiché il Trentino eccelle nel sociale, Sabelli Fioretti si è chiesto se i
migranti non siano già troppi nella provincia. Ha fatto qualche ricerca ma ha
trovato che dei 32 mila migranti in strutture di accoglienza temporanea in Italia
solo 312 risultano nel Trtentino, “meno di un migrante a comune”. Mentre “in
Sicilia la media sarebbe di 15 migranti a comune”. Fatta la tara del piccolo
business dell’accoglienza, in effetti la sproporzione è forte.
La Procura di Catanzaro denuncia un’organizzazione
criminale che truccava le partite di cacio delle serie minori, e la dice capitanata
dalla ‘ndrangheta. Che però nel voluminoso atto di accusa della Procura Antimafia
della città calabrese non c’è. Ci sono mafiosi serbi, cinesi, israeliani,
kazaki, turchi e maltesi, ancorché perlopiù anonimi, ma la ‘ndrangheta che li
gestisce no. Non è stata ancora trovata, Giusto un Iannazzo di Lamezia, che
però da tempo è in carcere. È il principio della scoperta: bisogna prima
scoprire e poi cercare.
La
mafia dell’antimafia
Non c’è dubbio che Rosy Bindi ha scelto
16 impresentabili per fini politici. Qualcuno anche dentro il suo partito, il
Pd. Non c’è nemmeno dubbio che si possa
dire la commissione parlamentare Antimafia, che Bindi presiede, una commissione
mafiosa. Ma la mafia agisce così, sfrutta le pieghe della legge per i suoi
inconfessabili fini.
Ci sono impresentabili di chiara fama in
Liguria e in Umbria, anche in Toscana. Ma Rosy Bindi ha in elenco, dopo aver
spulciato infinite carte e molti verbali non ufficiali dei Carabinieri, solo
sedici nominativi del Sud. Quattro pugliesi e dodici campani. Senza razzismo
naturalmente. Rosy Bindi ha compilato la sua lista solitari come presidente della
commissione parlamentare Antimafia, e la mafia è al Sud.
Come si fa a dire l’onorevole prevenuta?
È stata eletta in Calabria.
Che la presidente Bindi non sappia dove
la Calabria è, e un po’ se ne vergogni - della Calabria, non di non sapere dov’è
- questo non significa.
Messo il berlusconiano Cosentino,
signore del voto in Campania, in stand-dy dall’Antimafia istituzionale, i
consentiniani si sono candidati in massa nelle liste regionali del Pd. Che
coincidenza.
L’anima
nera Rai
“Anime nere”, film nerissimo, la Rai
impone, oltre che ai critici volenterosi, e alla comunità italiana a New York,
ai Nastri d’Argento – se li prenderà tutti? “Gran successo” l’ufficio stampa
Rai ha fattori riportare al film a New York, ma chi c’era non se n’è nemmeno
accorto.
Un film di una violenza “pura”, senza
altro contesto. Violenza nella violenza (familiare, genetica) nella violenza
(sociale, etnica: una triplice cattiva azione. Volendo fare film sulla mafia,
genere che tira, non si può dire tutto mafia. Lo vuole lo spettacolo – a parte
l’onestà.
Il film non è un’eccezione, il tutto
mafia è la norma. Ma si può non rimproverare gli inquirenti che si illustrano dicendo
la mafia ubiqua e onnipotente. O i giornalisti e la pubblicistica del genere
horror: la paura fa mercato. Fa anche bene al cuore al Nord poter pensare che
tutto il male è in Calabria, da qualche anno, a Napoli, e un po’ ancora in Sicilia
– non più a Bari da quando comanda Emiliano, un giudice. Ma l’emittente pubblica?
Pagata cioè allo Stato? Volendo stare nel genere mafia, un noir che tira, dicono (ma non è vero: “Anime nere” non lo ho comprato nessuno), molte altre storie
verrebbero meglio al cinema: di giovani, sindache, monsignori, a volte anche vescovi,
volontari, vittime. Non ci sono vittime delle “Anime nere”, solo la loro
personale tragedia, di uomini-bestia.
Del diritto all’illecito a Milano
Si leggono con stupore
le cronache societarie dell’Inter, la squadra di calcio, come procacciatrice di
lauti interessi al suo presidente e padrone Thohir. Un uomo d’affari sbucato
dal nulla, che si è offerto di acquistare le quote di controllo del club dal
precedente proprietario Moratti, a costo zero, e di gestirlo per tre anni. Sembrava
un atto generoso, assumersene i debiti. Ma per due anni Thohir si è limitato a
finanziarne i debiti tramite sue società anonime, a tassi d’interessi esosi – – dell’8-9
per cento, neanche la Grecia paga tanto. Come se avesse “comprato” un debito, per sfruttarlo finanziandolo.
Ingegnoso. È quello
che si chiama portage. Il traghettamento
di un’azienda, con un profitto e senza rischi propri. Un “normale” contratto
commerciale. Ma Thohir è anche padrone dell’Inter, e quello che fa è illegale. Molto
illegale: rubare alla propria azienda. E questo è il suo miracolo: passare
indenne. Per molto meno a Milano personaggi importarti hanno sono stati privati
delle loro aziende. I Rizzoli per esempio, per un’appropriazione indebita di un
ventina di miliardi di lire, 10-15 milioni di euro.
Con l’Inter la
Procura di Milano segue un’altra legge? L’appropriazione indebita all’Inter è
talmente macroscopica, e dichiarata, che non si riesce a crederla vera. Pure è
la realtà. Poi uno riflette che tanti casi abnormi di ruberie, grassazioni, malversazioni
si sono prodotti a Milano attorno a Telecom, alla Rizzoli-Corriere della sera,
alla Provincia, agli stessi Moratti-Saras, con la benevola disattenzione della
locale giustizia,
Campagna
elettorale in Toscana.
La
Toscana è un delle regioni che vota oggi. E in Toscana molti comuni importanti
votano per il sindaco, Viareggio, Pietrasanta e altri. Ma bisogna saperlo,
perché non si vede. Non ci sono manifesti, comizi, gazebo, e tantomeno scritte
sui muri.
Il
Pd, che governa da sempre, fa come se non ci fosse. I candidati delle destre e
5 Stelle alla Regione Toscana più che fare campagna si divertono: alle tv, nei
giornali, alle tavolate. Dove non si spende. Sanno che il Pd vincerà, e quindi
non spendono. Ma non parla nemmeno il presidente uscente, Rossi, che sarà riconfermato.
Che del resto è come se non ci fosse – ebbe un momento di notorietà quando si
opponeva a Renzi, allora sindaco di Firenze, poi si è subito allineato.
Non
c’è da trarne una lezione: la Toscana fa caso a sé. Colta e ricca, è regione eminentemente
grigia – si dice rossa, ma è grigia, massonica prima che comunista, a suo
tempo, poi democrat. Vota, non si astiene. Ma vota compatta, plebiscitaria,
omologata, senza sorprese possibili.
Ma due Italie, in effetti, girando per la
Toscana in “campagna elettorale”, sono da rilevare. Quella che si muove
tranquilla agli affari, e se deve alzare il capo fa tranquillamente la predica.
E quella che si agita, emotiva, dispendiosa, di soldi e energie. Con sedici
impresentabili. Cioè per niente, uno scioglimento è sempre dietro l’angolo.
leuzzi@antiit.eu
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