Far
celebrare la “Vittoria” a Bolzano, e in tutti i comuni della provincia tirolese.
Farsi respingere mille immigrati a Mentone dalla Francia, e non sappiamo quanti
dall’Austria al Brennero. Farsi sospendere Schengen (l’apertura delle frontiere)
dalla Germania con la scusa del G 7 – dopo che i black block tedeschi sono
stati liberi di sfogarsi a Milano per l’Expo. Ma già non avere un ministro
degli Esteri (Mogherini? Gentiloni?),
nemmeno uno degli Affari Europei. E poi si sa che ai vertici europei lo
stesso Renzi non sa che dire, solo le battutine – i diplomatici che lo seguono
sono imbarazzatissimi, “fa il Giamburrasca”. Gli sorridono perché è pur sempre
l’Italia, paese rispettabile.
Ritorna
con Renzi il provincialismo che ha caratterizzato la politica estera dei
governi democristiani. Non per incultura o incapacità - non soltanto: per insensibilità.
Che è molto peggio. A questo provincialismo l’Italia ha dovuto molte delle sue
sofferenze, dalla politica agricola comunitaria punitiva sessant’anni fa all’immigrazione
oggi.
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