Un classico della letteratura libertina
sufficientemente benpensante e predicatorio, oltre che lubrico. Comico,
brillante, depravato, un ottimo promemoria per il prossenetismo legale che
riprolifera: tutte le ragioni del mestiere sono qui riunite.
Le buone ragioni. Il libello si vuole
moralista, come è della letteratura aretinesca, puttanesca. Coi pregiudizi del
genere, nazionali (il barone tedesco imbranato, il milord inglese borioso) e
clericali (il canonico superdotato, etc. – manca la monaca lussuriosa). E con la
fortuna alternata alla sfortuna. Ma, scritto da un libertino all’epoca dei
Lumi, sembra a un uso proto-ottocentesco o protoborghese, dei falsi culi e le
mutande alle ginocchia, e delle tendine alle finestre. Insomma, delle case
chiuse aperte.
Ma, a prescindere, preistoria alla
rilettura - il tema è questo: la letteratura libertina non morde La prostituzione
forse sì, ma per il lato business: tariffe, risparmio, investimenti, tasse, rendita
urbana (decoro, affitti, qualificazione del territorio). Era pruriginosa ancora
un quarto di secolo fa, quando la “Rammendatrice” fu tradotta, ora è noiosa e
ridicola. Effetto secondario della caduta
del Muro e del Mercato? Effetto contrario dell’Aids? La “collera di Dio”
potrebbe avere spianato ogni libidine invece di reprimerla. Effetto di
internet, del libero accesso a ogni immagine a un profluvio di licenza?
Il tema sarebbe: l’erotismo all’età di
internet. Della licenza per tutti e senza freni. Quindi, delle pulsioni non più
represse, della perdita del rimosso e della rimozione?
Louis C. Fougeret de Montbrun, Margot la rammendatrice, Le Lettere,
pp. 124 € 14,50
Nessun commento:
Posta un commento