Bisanzio
- Fu allegra. Si ballava, per le strade risuonava il hasapiko, quasi una tarantella, Hadjidakis l’ha riscoperto. Anche
se da tempo aveva rotto con Roma, per la superbia del patriarca Fozio, che pure
fu benemerito bibliofilo. Ben prima delle manovre del santo Gregorio Palamas,
contro le quali si infrangeranno i tentativi unionistici di due generosi
calabresi, i frati basiliani Barlaam e Pietro Vitale.
Il monachesimo italogreco fu relativamente
esente dall’infezione polemica dello scisma. Molti monaci erano arrivati in
Calabria da Costantinopoli nell’Ottavo secolo, in fuga dalla lotta iconoclastica,
gli altri in fuga dalla Palestina e l’Egitto dopo la conquista araba, in cerca
di pace. Ma ha perso ogni funzione – ora tenta di ricostituirsi, a san Giovanni Therestì
e qui o là, ma è poca cosa. L’aveva persa già nel Quattrocento, quando si
svolsero i primi, e ultimi, tentativi unionistici, a livello conciliare.
Glamour – È svanito con
la licenza, e con la secolarizzazione totale che è il mercato. Il tappeto rosso
a Cannes è più posticcio che negli anni 1950-1960: pettinature, trucco, abiti,
pose. Più falso anche, allora qualche attrice, qualche attore ancora si
credeva, credeva in se stesso: c’erano le dive i divi, oggi sono tutti
impiegati del catasto – portano il nudo come se avessero freddo, carni secche, fardate, visi senza carattere. Catherine
Deneuve, che ha memoria dei tempi passati, lo dice giustamente: “Ma le dive non
esistono più”.
Guerra
fredda
– Si stava meglio quando si stava peggio? Emanuele Severino non ha letto il
libro di Sergio Romano che svolge questo paradosso, “In lode della guerra
fredda. Una controstoria”. Ne ha sentito parlare, e dice che dice le stesse
cose che lui ha detto molti anni prima. Che lui Severino molti anni prima
avrebbe detto benefica la guerra fredda, in quanto precludeva la guerra reale,
con gli scoppi e morti. L’aveva detto anche a Bobbio, che invece temeva il
peggio. Ora dice (sul “Corriere della sera” di giovedì 14): “È il venir meno
della guerra fredda a spiegare la crescente pericolosità del mondo”.
Non è solo autorappresentazione e
autoelogio. Severino (Romano non si spinge a tanto, si limita al paradosso) traspone nell’arma assoluta l’autorità dello
Stato. Contro ogni condizionamento di
parte, “democraticistico”. Rifacendosi a Luigi Einaudi.
Lavoro
femminile –
È stato a lungo italiano, latino, mediterraneo. In casa, nei campi, nelle
lavorazioni artigianali, domestiche (tessitura, sartoria, conserve) e fuori. La
donna americana vi si è avvicinata tardi, e più attraverso il lavoro femminile
immigrato, la donna inglese tuttora è restia, e nel mondo germanico in genere.
In Francia da mezzo secolo la politica demografica favorisce la donna in famiglia
rispetto al lavoro, senza ripensamenti,
anche se si è dovuto fare maggior ricorso al lavoro immigrato. Solo in Italia
peraltro il lavoro è considerato l’occupazione per eccellenza della donna – ne
è un segno anche il recordi mondiale italiano della maternità ritardata, sotto e sopra i quarant’anni.
Luddismo – La resistenza
all’innovazione è soprattutto dei sindacati. La distruzione delle macchine innovatrici fu diffusa soprattutto nel
Cinquecento, secolo più di altri innovativo e anzi “esplosivo”: Macchine e procedimenti
innovativi, nel trebbiatura, la tessitura, perfino la stampa, pure di conio
recente, erano causa di proteste e moti anche sanguinosi, a opera delleorganizzazioni di arti e mestieri. Si rompevano le
“arti” tradizionali, le gilde, o sindacati di allora.
Mancession – L’industria
degli accessori maschili, compresi quelli dello sport e della fitness, supera probabilmente
quella tradizionale femminile, delle borsette, i foulard, i cappelli etc. Una trentina d’anni fa
era già possibile contare tredici
accessori maschili per la palestra, diciotto per lo sci, ventisette per il trekking,
sport povero, ventidue per la pesca, otto, costosi, per andare in moto. Ad essi
va aggiunta la cosmetica, sempre più vasta. E l’adozione degli
accessori femminili. Fino alla Manx, la guina Spanx maschile, al perizoma a
laccio, e ai meggings, i leggings per uomo, o i mantyhose, o collant, e agli assorbenti (Tena Men). C’è tutta una linea di mangeria, o lingerie da uomo – Costanza Rizzacas d’Orsogna illustra su “Io
Donna”.
È come se il femminismo avesse
portato, più che a una maschilizzazione delle donne, alla femminilizzazione:
l’uomo si carica di accessori, e più della donna ha sostituito le vecchie
occasioni, mattino, pomeriggio, sera, con gli impieghi del tempo, lavoro, casa,
week-end, sport. Per i cosmetici la linea uomo è quella in maggiore
ascesa, allargandosi al manscara. Lo stesso trionfo della culinaria è maschile.
Un rovesciamento di ruoli: l’uomo si prende quello tradizionale della
donna. Si potrebbe dire che si prende tutt’e due, anche quello della donna. Ma in realtà ha abdicato al ruolo
tradizionale maschile. Che non era certo più quello del cacciatore e del
procacciatore della selvaggina e di una capanna, ma era pur sempre attivo e
fattivo. L’epoca sarebbe alla mancession,
la recessione dell’uomo, o della virilità. Che non sembra malignità femminile.
Oversharing – È l’ultima
angoscia, l’eccesso di condivisione. Di date, luoghi, eventi, amori, storie,
passioni, figli, pets. Maria Teresa
Cometto segnala da New York questa preoccupazione in termini di mercato
pubblicitario. Poiché si sa che i social forum, face book, linkedin e altri,
sono in realtà delle mailing-list mirate a fini commerciali.
Autocostituite e autogestite, e perciò più affidabili. Una innovazione delle strategie
di marketing, e in questo senso geniale: poiché è l’utente che “si fornisce” in
abbondanza, in abitudini di spesa, gusti, capacità di spesa. Ma sono anche un
dispendio di effettività o emotività. Come buttare tutto dalla finestra,
nell’intento di condividere - la condivisione è emotivamente selettiva. Se non
ora, presto la novità sarà satura (matura, obsoleta).
Russia - Si celebra a Mosca il 9 maggio la Vittoria
contro il fascismo nel mondo – non contro il nazismo, l’odio dei tedeschi è
solo occidentale. Oggi come ai tempi di Breznev – e presumibilmente di Stalin. La
Russia è da un secolo filotedesca.
Una
sorta di relazione speciale c’è sempre stata tra la Russia e la Germania, dai
tempi di Pietro il grande. Fatta di principesse fattrici e reggitrici, di volenterosi
e abili immigrati e, a partire dal 1917, di accordi sempre reciprocamente
convenientissimi. Dalla pace separata, all’assistenza militare tedesca all’Armata Rossa di Stalin, anche dopo
il 1933 e l’ascesa di Hitler alla Cancelleria a Berlino L’alleanza con Hitler portò alla Russia nel
’39 l’Ucraina polacca, con Bielorussia, Bessarabia, Estonia, Lettonia, Lituania.
La liberazione della Germania dal fascismo nel 1945 – dopo la follia
dell’attacco di Hitler alla Russia - le portò la Polonia tutta, con Ungheria,
Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria e un terzo della Germania abbondante, più
Sakhalin e le isole Curili. La Russia non
ce l’ha fatta con la Finlandia, ma non per colpa della Germania.
Sosteneva
Giorgio Galli nel 1970 (“La tigre di carta e il drago scarlatto. Il pensiero di
Mao tse.tug e l’Occidente”) che la Russia non ha la democrazia perché non ha avuto
la caccia alle streghe: è “mancato il rapporto sfida-risposta”. Si spiegherebe
perché l’America vi indulge, da Salem a McCarthy. Si spiega anche
l’ingovernabilità anarcoide succeduta al sovietismo, cui Putin ha dovuto
mettere riparo con mano dura.
A meno
dell’ortodossia, che è sempre stata severa in Russia. Anche con Stalin. E col
papa: il pio Solov’ëv fu detto eretico per avere apprezzato a Roma la messa del
papa..
È
l’antilatinità che ha portato Costantinopoli a Mosca, che così
può pretendere di essere Roma e Gerusalemme insieme. Ufficialmente dal tempo di
Ivan il Terribile, il primo zar (cesare), di fatto da molto prima. Per colpa
dei “franchi”, cioè degli Occidentali – gli stessi greci i fichidindia chiamano fichi
franchi. Ancora nel 1812 Napoleone invadeva la Russia per
“dare una lezione al grasso bizantino” Alessandro I. Ma più conta l’antilatinità,
sotto le sue varie specie: laicismo, antipapismo, sradicamento, l’etnodissoluzione,
la remissività, il ritiro.
La
resurrezione ha ruolo preminente nella “vera fede”: l’uovo, l’agnello, la
redenzione, il “Christòs anesti”,
Cristo è rinato. Dopo che Dio, cioè, è arrivato sulla croce al
bordo del nulla. La
miscredenza ha penetrato l’Occidente col rifiuto della resurrezione, il mistero
pasquale. In un primo tempo lo rifiutò pure l’Est: fu sulla Redenzione che
l’aeropago di Atene, che fin lì sembrava accettare la rivelazione di Cristo,
licenziò san Paolo: “Di questo magari ci racconti un’altra volta”.
astolfo@antiit.eu
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