“Tutti cercano di farci paura, i
giornali, i manifesti, i discorsi. Tutto ciò manca di dignità, di onestà, perché
non si può avvilire l’uomo al punto di fargli perdere ogni fede in sé, negli
altri, e in qualche cosa di più alto. E i giovani non potrebbero essere più
umiliati”. Quando, ieri, oggi? Ieri e oggi. Sono riflessioni scandite dalla misura
dell’elzeviro, cinque cartelle o tre, ma dense, da grande moralista, quale
Alvaro, narratore mitico, viaggiatore attento, era nel fondo. Della qualità di
Montaigne – un Montaigne cui manca il contesto: una grande civiltà. Meglio: tra
Barthes (“Mitologie”) e Montaigne. Senza l’aisance
del Grande Borghese (“la vita è breve, ma per lottare contro lo spettro del bisogno
è piuttosto lunga”), ma non per questo arcigno, ugualmente di spirito aperto.
Per quel fondo inesauribile che è la tradizione in cui Alvaro si è innestato
per nascita, per quanto in ambiente impoverito, degradato.
“La prima fatica che vediamo nella vita
è quella delle donne”. Della madre prima, poi delle spose. “Le donne che portano
pesi” è il titolo di questa riflessione - “le donne del popolo in genere, del
popolo meridionale in specie”. Non si ristampa questa raccolta di riflessioni
attualissima, cioè sempre interessante alla lettura: testi brevi e incisivi,
che reggono a distanza di settant’anni, anche se l’Italia si direbbe del tutto
diversa. Delle donne e degli uomini. Dei giovani e dei vecchi. Dei figli che
dovranno accudire i padri, una novità della storia. Nella famiglia italiana,
quando ancora si pensava “italiano” – è qui anche il piccolo classico inaugurale
del “mammismo”. E di una serie di altri temi: il femminicidio, Pinocchio
teologico, la dieta mediterranea, la moda, i trattati pedagogici, il
patriottismo avverso al nazionalismo, le opere pubbliche, la classe media, la
fotografia e il cinema (trattatelli precoci insuperati). Da esploratore sempre
vigile, dalle antenne sensibili, Con una dotazione prensile di cultura e
intelligenza. Il genere elveziro come vita vissuta, non ghirigoro a perdere. O
di selfie non mistificatori, un’autofiction onesta, in prospettiva, invece del photoshop in uso per dirsi come sono bello e bravo.
“La vita che chiamiamo moderna è nata
sotto il segno della volontà di potenza in politica, dell’individualismo
nell’arte, cioè della prepotenza dell’artista che passa da testimone a
protagonista, e infine del diritto dell’uomo a tutti i beni”. Il moralista è
pessimista, ma questa lettura è rigenerante.
Corrado Alvaro, Il nostro tempo e la speranza
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