Il cuore mangiato, la testa mozzata, la
pelle scuoiata: gli ingredienti dell'horror non mancano. Ma anche la pulce
gigante, la foresta impenetrabile, il castello inaccessibile, il drago albino:
gli ingredienti fiabeschi. Con tre desideri immutabili - scelti appositamente
tra i racconti di Basile, il soggetto originario - o temi del fiabesco: la
maternità, l’eterna giovinezza, l’amore.
Il film non è piaciuto ai critici – troppo
fuori schema. In effetti è un genere nuovo al cinema, il fiabesco non addolcito di Disney. Sulla traccia di “Into the woods” – ma Garrone era
partito prima di Rob Marshall (ci ha messo troppi anni e realizzare il progetto, a trovare
i capitali), che per di più aveva un musical stagionato di successo su cui fare
affidamento. Ed è anche meglio, filologicamente oltre che narrativamente, del precedenti riuso di Basile al cinema, “C’era unavolta” di R osi, con Sophia Loren, 1967.
La fiaba è horror, le pulsioni inconfessabili scoperte e estremizzate. In Perrault, madame d’Aulnoy, Andersen, i fratelli Grimm, e ogni altro epigono di Basile – Walt Disney è un’altra cosa. Anche “Pinocchio” è non poco crudele.
La fiaba è horror, le pulsioni inconfessabili scoperte e estremizzate. In Perrault, madame d’Aulnoy, Andersen, i fratelli Grimm, e ogni altro epigono di Basile – Walt Disney è un’altra cosa. Anche “Pinocchio” è non poco crudele.
Le critiche hanno letto il film meglio
dei critici, le donne critico. C’è una critica di genere?
Matteo Garrone, Il racconto dei racconti
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