giovedì 21 maggio 2015

La guerra meglio fredda

Sul filo del paradosso, l’ambasciatore Romano sostiene che i due blocchi irreggimentavano la violenza. Sotto l’ombrello nucleare, che non era esattamente protettivo ma minaccioso, per tutti. Senza cioè vittoria possibile. Mentre lo sciogliete le fila ha accresciuto la litigiosità nel mondo. Moltiplicato le guerre, le stragi, gli stermini tribali e razziali. Portando  la guerra perfino in Europa, nella ex Jugoslavia e ora in Ucraina e con la Russia.
È vero, ma fino a un certo punto. Sono ora le guerre a  basso voltaggio, “tradizionali”. Mentre nei quaranta e più anni di guerra fredda non ci furono forse guerre “calde” molto più vaste, gravi e insidiose, con lager e proscrizioni, e esodi\stermini di intere popolazioni? Non è neanche vero che col condominio atomico non ci fu mai il rischio di un’ecatombe: ci fu un allarme rosso nella crisi dei missili a Cuba nel 1962, e un altro nella guerra del Kippur nell’ottobre 1973.
È un paradosso però utile per l’epoca così eccezionalmente smemorata – ci pensiamo nella pace perpetua: non siamo nella fine della storia, la politica (diplomazia) deve stare all’erta come sempre. Un utile promemoria Romano ha costruito raccogliendo le note in argomento, una trentina, che quotidianamente pubblica per la posta del “Corriere della sera”. “Cinquant’anni di pace”, “La rivoluzione ungherese”, “La primavera di Praga”, fino alle “Rivolte arabe”.
Sergio Romano, In lode della guerra fredda. Una controstoria, Longanesi, pp. 132 € 16

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