martedì 12 maggio 2015

La stupidità non va in pensione

Allarme, presunzione, stupidità: l’onda sollevata dalla Corte Costituzionale con l’indicizzazione delle pensioni ha portato a galla impietosa un concentrato altrimenti inconcepibile di assurdità.
L’allarme è quello dell’opinione pubblica che si vuole fonte esclusiva di virtù in Italia: commentatori, specialisti, giornalisti. La maggiore spesa dell’Inps e delle casse private che la sentenza comporta, 4-5 miliardi, moltiplicano con lievità per tre e quattro volte. E tirano in ballo a ogni virgola la Ue in veste di maestrina correttrice.
La presunzione è quella di Tito Boeri. L’ultimo, si spera, dei professori milanesi a Roma le pensioni in essere propone di ricalcolare col contributivo. Dimostrandosi digiuno, oltre che di diritto, di economia. Molte pensioni, calcolate e corrisposte col metodo retributivo (l’80 per cento della media mensile degli ultimi dieci anni di retribuzione), aumenterebbero se calcolate sulla base delle contribuzioni – il contributivo è stato annegato per anni nel calderone Inps per finanziare i più sfavoriti.
Questo professore è stato peraltro parte per anni dell’opinione pubblica dei belli-e-buoni – i pieni-di-sé: si capisce che non capisca. Ma ora lo doppia Italia Unica dell’infaticabile Passera, che vuole a tutti i costi l’aggravio per l’Inps, per effetto della sentenza della Consulta sulle pensione, in 25 miliardi, cinque e sei volte la cifra vera. In odio ai pensionati? Può darsi, ma prima viene la superficialità e la supponenza di Milano, patria di entrambi i grandi economisti, esperti, tecnici.
che pensare di un certo Zanetti che il professor Monti ci ha imposto a sottosegretario all’Economia, il quale fa lezione ogni giorno al presidente del consiglio Renzi e al ministro Padoan di scienza delle Finanze e di etica politica? Questo commercialista – di suo esercita a Venezia - vorrebbe cancellare le pensioni, essendo un (ricco) pauperista. E va sui giornali, il cerchio si chiude.

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