È un
anno ormai di rievocazioni della guerra 1914-1918 e non si va oltre le
celebrazioni di rito. Non uno studio nuovo, non una riflessione, non l’incredibile
distruttività della guerra di trincea, in termini militari oltre che umani. Non
l’impiego ininterrotto, per dieci, quindici, venti offensive in continuazione,
delle stesse unità, senza mai un turno di riposo, con decimazioni dei ranghi
fino alla metà degli effettivi – di cui fu vittima celebre la Brigata Catanzaro
che infine si ammutinò.
Nemmeno
un cenno alle esecuzioni sommarie per scarso rendimento, una barbarie. Di
reclute peraltro quasi sempre male addestrate e spesso male equipaggiate. Sono
la parte più viva, e raggelante, di “Addio alle armi” di Hemingway, un
americano tosto. In Italia nessuno ne ha scritto, dei tanti cantori dell’epopea
del carso. Solo Corrado Tumiati, in brevi racconti, che sono una rarità
bibliografica.
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