Curiosi
significati emergono dal film berlusconiano di Moretti rivisto in chiave di isolamento
- berlusconiano in senso proprio, non fosse per la invincibile ironia
morettiana. Finanziato obliquamente dalla Rai, che ne comprò i diritti tv senza
dirlo per un milione e mezzo, nel 2006, sembra un film sovietico. Come tale fu
proposto in novecento copie, praticamente tutti i cinema italiani, alla vigilia
delle elezioni del 9 aprile lo stesso anno. Un’operazione politica, dunque. Di
un sovietismo duro a morire in Italia – la condanna a sette anni che al Caimano
è inflitta nel film è stata quella che i giudici di Milano hanno inflitto a
Berlusconi per le elezioni del 2013.
Un filmaccio. Si salva giusto perché Moretti ha indubbie qualità profetiche,
con Berlusconi come col papa. Ma sembra proprio, rivedendolo, il film come
Moretti malizioso lo presentava all’uscita: un film autobiografico.
Dell’azienda in crisi, e della famiglia in crisi, la coppia con figli. Anche
per le sbandate politiche del regista-produttore. Quella lettura appare oggi
non più canzonatoria ma verosimile alla luce del ritorno di Moretti alla
leggerezza con “Mia madre”: come una resurrezione, dopo il tellurismo
aggressivo della “Stanza del figlio” e di questo stesso “Caimano”.
Silvio Orlando è un produttore in crisi finanziaria e
matrimoniale che decide di tentare il tutto per tutto con un film contro
Berlusconi. Non molti gli credono, ma alla fine ci riesce. A girare almeno il
finale del film: Berlusconi condannato, l’abbandono dei politici, la gente in
piazza, il palazzo di giustizia bombardato di molotov.
Non verosimile, questo Orlando, come alter ego di Moretti, che invece fa vita
modesta e timorata - o è al fondo egli stesso partecipe della stessa vacuità,
della pusillanime ipocrisia? Mentre è vero che la vena beffarda non abbandona
Moretti neppure qui. Sottotraccia, ma è la realtà della sceneggiatura: più che
i berlusconiani, di cui quasi non c’è traccia, e giusto del nome, non dei
delitti, uno è portato a diffidare degli antiberlusconiani. Orlando è un
personaggio infido, e così il mondo che gli gira attorno.
Indirettamente, nel suono della parola, il titolo rimanda al caimand (mendicante)
del romanzo “Novantatré “ di Victor Hugo, di nome Tellmarch - da cui il
coniatore del nomignolo, il giudice antiberlusconiano Cordero, potrebbe averlo
mediato. Il personaggio forse più personalizzato dei tanti che popolano i
romanzi di Hugo. Uno che vive proteggendosi nelle radici di un albero,
resistendo alla lotte violente tra rivoluzionari e vandeani. Anche lui, dice
Hugo, “incarnazione di forze oscure”, ma indifferente alle ricchezze, e di
bontà naturale. Come se Moretti pagasse un omaggio a Berlusconi.
Con una (dubbia) morale, gravemente involontaria. Berlusconi è stato sì
condannato come nel “Caimano”, ma non ci sono state le bombe. Moretti cioè non
capisce con chi ha a che fare, lui come una certa sinistra. Che la povera gente
assetata di lavoro e di piccole retribuzioni vuole consumista, reazionaria,
violenta. Una prova di violenza, da parte di chi si sente e vive speciale,
tutto gourmet, a 100 euro a coperto, ed ecologia, villa a
Capalbio, palazzetto in Umbria, molti titoli di libri, e molte compagne
invece che amanti - magari non pagate, è vero.
In “Ecce bombo”, il suo primo film per le sale, Moretti attaccò Alberto Sordi
direttamente perché non prendeva posizione politica. Non gliene chiese mai
scusa. Ma se l’accusa è doverosa, Moretti dovrebbe rispondere di aver
fatto troppa politica. L’ha usata per riempire dei vuoti, ma
la politica dei troppo pieni di sé è invadente, passione cancerosa –
anti-morettiana, si dovrebbe dire.
Oppure, “Il Caimano” dopo “Il portaborse”, Moretti ha preso l’aria del
filosofo della storia, del contemporanei sta – come con i “girotondi”, con Di
Pietro, senza senso del ridicolo. Serioso. Mentre non fa che indossare l’abito
di “la Repubblica”. Di cavalcarne, sincero?, l’astio artificioso contro ogni cambiamento.
Del doppio gioco scalfariano di mantenere al potere il potere – la “Dc”: il
governo, il sottogoverno, le polizie, le banche, quindi la corruzione. Anche di
Moretti, come di Sofri, Deaglio et similia l’ambizione massima
sarà stata di entrare nel grembo di “Repubblica” – che pure non porta bene? Ma
Moretti, certo, ha più estri.
Nanni Moretti, Il caimano
Un filmaccio. Si salva giusto perché Moretti ha indubbie qualità profetiche, con Berlusconi come col papa. Ma sembra proprio, rivedendolo, il film come Moretti malizioso lo presentava all’uscita: un film autobiografico. Dell’azienda in crisi, e della famiglia in crisi, la coppia con figli. Anche per le sbandate politiche del regista-produttore. Quella lettura appare oggi non più canzonatoria ma verosimile alla luce del ritorno di Moretti alla leggerezza con “Mia madre”: come una resurrezione, dopo il tellurismo aggressivo della “Stanza del figlio” e di questo stesso “Caimano”.
Silvio Orlando è un produttore in crisi finanziaria e matrimoniale che decide di tentare il tutto per tutto con un film contro Berlusconi. Non molti gli credono, ma alla fine ci riesce. A girare almeno il finale del film: Berlusconi condannato, l’abbandono dei politici, la gente in piazza, il palazzo di giustizia bombardato di molotov.
Non verosimile, questo Orlando, come alter ego di Moretti, che invece fa vita modesta e timorata - o è al fondo egli stesso partecipe della stessa vacuità, della pusillanime ipocrisia? Mentre è vero che la vena beffarda non abbandona Moretti neppure qui. Sottotraccia, ma è la realtà della sceneggiatura: più che i berlusconiani, di cui quasi non c’è traccia, e giusto del nome, non dei delitti, uno è portato a diffidare degli antiberlusconiani. Orlando è un personaggio infido, e così il mondo che gli gira attorno.
Indirettamente, nel suono della parola, il titolo rimanda al caimand (mendicante) del romanzo “Novantatré “ di Victor Hugo, di nome Tellmarch - da cui il coniatore del nomignolo, il giudice antiberlusconiano Cordero, potrebbe averlo mediato. Il personaggio forse più personalizzato dei tanti che popolano i romanzi di Hugo. Uno che vive proteggendosi nelle radici di un albero, resistendo alla lotte violente tra rivoluzionari e vandeani. Anche lui, dice Hugo, “incarnazione di forze oscure”, ma indifferente alle ricchezze, e di bontà naturale. Come se Moretti pagasse un omaggio a Berlusconi.
Con una (dubbia) morale, gravemente involontaria. Berlusconi è stato sì condannato come nel “Caimano”, ma non ci sono state le bombe. Moretti cioè non capisce con chi ha a che fare, lui come una certa sinistra. Che la povera gente assetata di lavoro e di piccole retribuzioni vuole consumista, reazionaria, violenta. Una prova di violenza, da parte di chi si sente e vive speciale, tutto gourmet, a 100 euro a coperto, ed ecologia, villa a Capalbio, palazzetto in Umbria, molti titoli di libri, e molte compagne invece che amanti - magari non pagate, è vero.
In “Ecce bombo”, il suo primo film per le sale, Moretti attaccò Alberto Sordi direttamente perché non prendeva posizione politica. Non gliene chiese mai scusa. Ma se l’accusa è doverosa, Moretti dovrebbe rispondere di aver fatto troppa politica. L’ha usata per riempire dei vuoti, ma la politica dei troppo pieni di sé è invadente, passione cancerosa – anti-morettiana, si dovrebbe dire.
Oppure, “Il Caimano” dopo “Il portaborse”, Moretti ha preso l’aria del filosofo della storia, del contemporanei sta – come con i “girotondi”, con Di Pietro, senza senso del ridicolo. Serioso. Mentre non fa che indossare l’abito di “la Repubblica”. Di cavalcarne, sincero?, l’astio artificioso contro ogni cambiamento. Del doppio gioco scalfariano di mantenere al potere il potere – la “Dc”: il governo, il sottogoverno, le polizie, le banche, quindi la corruzione. Anche di Moretti, come di Sofri, Deaglio et similia l’ambizione massima sarà stata di entrare nel grembo di “Repubblica” – che pure non porta bene? Ma Moretti, certo, ha più estri.
Nanni Moretti, Il caimano
Nessun commento:
Posta un commento