Il Duomo di Milano come un bosco sacro,
di alberi di alto fusto - l’elogio dell’ombra è in realtà dell’albero. Perché no, l’idea originaria era quella, l’albero è
stato sacro per molti millenni. Comunque eloquente, molti santi ne furono soggiogati.
Anche criminale, specie nella Bibbia, ma sempre come Albero della Conoscenza. Mezzo
di scrittura, nella polpa e nella corteccia, dacché c’è storia – e anche oggi,
malgrado la scrittura elettronica. Nonché scrittura esso stesso: testimone
fisico e metafisico, degli eventi naturali e della stessa storia, come e forse
più dei mammiferi, per quanto intelligenti e memoriali. Metamorfico, metempsicotico,
durevole. L’idea più approssimata nel reale alla resurrezione e all’eterno.
L’“elogio dell’ombra” topico è naturalmente
quello di Borges, vecchio esercizio sofistico. Di un’ombra senza albero: non è frescura, non è compagna, è la città,
tentacolare, incombente, sempre all’orza. Storico delle sensibilità, Alain Corbin
ha messo su una spettacolare ricostruzione di tutte le possibili funzioni che
all’albero si assegnano. Dell’idea dell’albero, non delle sue funzioni
utilitaristiche, da frutto, da ombra, da decoro, frangivento, antimalarico – lo
studioso dimentica di precisarlo, partendo in quarta nella sua avventura
intellettuale, il sottotitolo è “L’arbre, source d’émotions”, ma bisogna
saperlo. L’albero della vita, della sapienza, dei cimiteri (il cipresso, il
tasso o albero della morte), ma non della morte, di Giuda, delle ninfe e dei
satiri, della divinazione. Alberi incantati, onirici, fantastici. Alberi animati,
alberi che sanguinano, specie in presenza del taglialegna. O furiosi e
minacciosi. O introspettivi, muti. Confidenti e mentori, interlocutori morali.
Alberi come bellezza e come desiderio - “il suo essere in pieno desiderio”
Valéry dice “certamente di natura femminile”, benché protrudente O della solitudine socievole, nello stormire e
nella quiete. O dell’alterità, dell’indifferenza. Corbin lo rileva con
Flaubert, che nell’“Educazione sentimentale”, seguendo Frédéric e Rosanette a
passeggio nella foresta di Fontainebleau, sostiene che gli alberi, “restando
esterni al sentimento del passeggiatore”, angosciavano la donna. Ma più spesso proiezione
degli stati d’animo. E ancora di più
partecipe, sodale taciturno e solido.
La
rinascita è vegetale
Un repertorio inverosimilmente
dettagliato dei riferimenti classici, e della tradizione francese e italiana
(“Orlando furioso”, “Gerusalemme liberata”, Dante naturalmente, e il “Barone
rampante”), anche di quella inglese, insieme con Whitman e Thoreau, il trascendentalismo
americano. Dell’albero come testimone storico:”Ho visto querce”, annota Stendhal
a Brunswick nel 1808, “che hanno potuto essere viste anche da Carlo Magno”. Commenta
Corbin: “L’albero evoca più la rigenerazione-resurrezione che la morte”. Certe
specie in particolare: il cedro, il pino, la palma “hanno a lungo figurato
questa immortalità”. La “rigenerazione spontanea della palma” porta Plinio a identificarvi
la fenice. Si incidono nomi, cuori, date sulla corteccia degli alberi su questo
presupposto. Con la scoperta degli anelli della crescita - che Alexander von
Humboldt attribuisce a Montaigne nel 1581, un secolo quindi prima di Malpighi (seppure
nel corso del viaggio di Montaigne in Italia?) - molta storia è stata
ricostruita e certificata.
Religiosa è la vocazione primigenia, e
ancora diffusa. La dendrolatria è la forma più antica delle religione, e con la
storia più lunga, più delle religioni rivelate, biblismo compreso. A partire
dai druidi, e poi a Dodona, Delo, e nella stessa Roma antica. In forma di
palma, che sempre rinasce, di tasso, di olivo, di platano, di olmo, di cedro
naturalmente del Libano. Il fondamento dello sciamanesimo, quale intermediario
tra il cielo e la terra, nel dettagliato atlante di Mircea Eliade. Piantare un
albero ha usato a lungo, e fino al secolo scorso, quasi come procreare – fare
un figlio, scrivere un libro, erigere un monumento, meritare della patria. Per
assicurarsi la memoria.
Analogamente vitalistica la funzione
erotica. C’è un erotismo dell’albero che Corbin documenta con una serie
sorprendente di riferimenti. Proust in primo luogo. Ma è tutto il Rinascimento, non
soltanto l’Ariosto e il Tasso, che della foresta fa “il luogo dell’erranza
erotica”. Plinio il Vecchio, “che s’ispira dalla scienza greca”, Teofrasto e
altri. “Per non parlare della Genesi”: Eva, “la grande peccatrice”, bella come
il diavolo, la sua nudità, la lussuria, il tradimento, la menzogna, la
discordia, il maleficio, la caduta, la disgrazia, tutto si lega all’albero, se infruttuoso.
Alain Corbin La douceur de l’ombre, Flammarion, pp. 393 € 11
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