Non c’è
solo l’affarismo milanese (Monti, Passera, Boeri) dietro la confusione montata
contro la previdenza pubblica. Cioè l’affarismo c’è, e avido: si tratta di
liquidare l’Inps e prendersi in gestione i suoi 300 miliardi di pensioni annue,
per 22 milioni di famiglie. L’affare è enorme, le zanne quindi affilate, sotto
le maschere professorali. Ma questo disegno è possibile per la debolezza, se
non è complicità, della Funzione Pubblica. Dal governo, al Tesoro, agli enti
economici quali l’Inps.
La
sinistra Pd non è immalinconita e in ritirata come si dice, anzi vede già
l’abbattimento del “tiranno” Renzi. Per la sua incapacità di gestire la mina
pensioni, la prima che si è trovata al governo. Facendosi montare una questione
irrisolubile sulla sentenza della Corte Costituzionale. Che furbescamente pensa
di disinnescare rinviando la decisione al dopo elezioni. Ma avallando le cifre
esagerate messe in giro da Passera, Monti e Boeri proprio per creargli
problemi. Sarebbe l’evidenza, secondo i suoi nemici interni, della scarsa
capacità di tenuta di Renzi al primo inciampo.
Gli
oppositori interni dicono anche di peggio. Che Renzi forse non sa, ma
sicuramente non può sottrarsi alla sua constituency,
che sarebbe l’affarismo finanziario che lo ha sostituito a Monti e Letta. Ma
non c’è bisogno di crederci per dire che Renzi si è lasciato imbracare. È il
Tesoro, l’ex ministero delle Finanze, che sbarella e dà cifre assurde. Mentre
il presidente renziano dell’Inps Boeri e il sottosegretario Zanetti, uno di
Monti, si divertono a dire le pensioni un furto. Tanto, loro non rischiano
nulla, non sono in politica
È una
sorta di harakiri, va aggiunto, anche della Funzione Pubblica. Che da se stessa
dice: se non è privato non funziona. Una insipienza che ognuno vede – quando le
pensioni saranno gestite da Generali non saranno più un furto?
I due
argomenti vengono infine collegati. La scarsa reattività di Renzi di fronte
all’imprevisto, in una campagna elettorale che potrebbe troncarne la carriera,
è dimostrato dalle argomentazioni che si fa imporre da Tesoro e Inps: che
bisogna togliere ai vecchi per dare ai giovani, e che la riforma Fornero ha
liberato risorse per i giovani. Improntitudine. Possibile nella passività di
fronte all’affarismo che da qualche tempo contrassegna i media, ma che su
questo argomento sbatte contro cose che tutti sanno. Che la Fornero non ha
fatto giustizia ma cassa – non un euro dei risparmi è andato all’occupazione
dei giovani, o a una migliore gestione dei loro accantonamenti previdenziali. E
che i giovani hanno vissuto per sette anni ormai, e tuttora vivono, a spese dei
vecchi, di quelli che sono in grado di mantenerli.
L’argomento
anti-Renzi della sinistra Pd non appare infondato. Su sei milioni di pensionati
toccati dalla sentenza Renzi fa capire che ne salverà due a parte intera e due
a metà, lasciando gli altri alla deriva. Le pensioni, nel suo perenne selfie, suppone così di gestire
furbamente. Mentre il calcolo gli aliena tutt’e sei i milioni, e anche i non
pensionati. Dov’è finito il rottamatore, se la lingua è tornata biforcuta? E il
riformatore, se deve eliminare le pensioni? È come se Renzi mostrasse di
ritenere l’innovazione e il riformismo un fatto di età, e non di cose fatte. La
prima elezione vera in cui s’imbatte, in effetti, potrebbe risultargli letale.
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