Céline torna nel pantheon di
destra. Dove si voleva, ed è sempre stato, ma non più da anarchico
individualista, né da conservatore: da fascista – anche se avrebbe obiettato.
Per questo anzi celebrato, goduto. I cinquant’anni della morte dello scrittore
non hanno prodotto altro.
Un centinaio di celiniani,
molti italiani, rievocano l’emozione della prima “frasetta” di Céline, il primo
incontro con la sua “musichetta”. Rigorosamente di destra, l’antisemitismo non
fa velo. Convitati da un celiniano che fa il funzionario di polizia, e da tempo
si adopera per la pubblicazione dei libelli antisemititi..
Non per celiniani, non
aggiunge nulla, malgrado la presentazione di Henri Godard. Ma per un Fascist
Pride, se esistesse, sì.
Eméric Cian-Grangé, Céline’s Big Band: d’un lecteur l’autre,
Pierre-Guillaume de Roux Éditions, pp. 400
pages, € 25
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