I
piatti della bilancia di Pignatone sono che fino alla primavera del 2013 a Roma
imperava la mafia, dopo no. Agli indagati e carcerati della gestione Alemanno contesta
l’associazione mafiosa, con l’aggravante del favoreggiamento. Agli imputati della
gestione Marino no, anche se gli imputati sono altrettanto numerosi, il
capomafia Buzzi se possibile più attivo e corruttore, e abbia finanziato anche
Marino.
Il
doppio peso il Procuratore Capo di Roma non lo nasconde, anzi vuole che si
sappia. È lui stesso che lo ha spiegato questa settimana instancabile ai
parlamentari e ai giornalisti, che pretendono di non tenerne conto.
I
due pesi sono sua pratica costante. Quando era a Reggio Calabria azzerò come mafiosi
il sindaco Demetrio Arena, appena eletto con larga maggioranza, gli assessori e
il consiglio, prima ancora che prendessero un qualsiasi provvedimento, senza
poi mandarli a giudizio. Perché erano di destra. In questi giorni li ha voluti
ribadire perché ha avuto l’avallo
autorevole del presidente del consiglio?
Renzi
da Vespa a “Porta a porta” martedì aveva detto di Marino e della sua
maggioranza:
“Non esiste l’ipotesi del commissariamento per
mafia, perché è una decisione che tocca al Consiglio dei Ministri e noi non la
prenderemo. Guarderemo le carte e non la prenderemo, trattandosi di decisione
politica”.
Dunque,
i sindaci sono mafiosi, oppure no, per decisione politica. E i giudici?
Pignatone è in corsa da tempo per diventare ministro o qualcos’altro. Ma gli
altri novemila?
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