venerdì 19 giugno 2015

Il giudice politico Pignatone

I piatti della bilancia di Pignatone sono che fino alla primavera del 2013 a Roma imperava la mafia, dopo no. Agli indagati e carcerati della gestione Alemanno contesta l’associazione mafiosa, con l’aggravante del favoreggiamento. Agli imputati della gestione Marino no, anche se gli imputati sono altrettanto numerosi, il capomafia Buzzi se possibile più attivo e corruttore, e abbia finanziato anche Marino.
Il doppio peso il Procuratore Capo di Roma non lo nasconde, anzi vuole che si sappia. È lui stesso che lo ha spiegato questa settimana instancabile ai parlamentari e ai giornalisti, che pretendono di non tenerne conto.
I due pesi sono sua pratica costante. Quando era a Reggio Calabria azzerò come mafiosi il sindaco Demetrio Arena, appena eletto con larga maggioranza, gli assessori e il consiglio, prima ancora che prendessero un qualsiasi provvedimento, senza poi mandarli a giudizio. Perché erano di destra. In questi giorni li ha voluti ribadire perché ha avuto  l’avallo autorevole del presidente del consiglio?
Renzi da Vespa a “Porta a porta” martedì aveva detto di Marino e della sua maggioranza: “Non esiste l’ipotesi del commissariamento per mafia, perché è una decisione che tocca al Consiglio dei Ministri e noi non la prenderemo. Guarderemo le carte e non la prenderemo, trattandosi di decisione politica”. 
Dunque, i sindaci sono mafiosi, oppure no, per decisione politica. E i giudici? Pignatone è in corsa da tempo per diventare ministro o qualcos’altro. Ma gli altri novemila?

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