Deterrenza – Suole
definirsi come l’ “equilibrio del terrore”, e lo era. S’ipostatizza
nell’accordo Abm, Anti Ballistic Missile, i missili intercontinentali, del
maggio 1972, tra Usa e Urss. Probabilmente il primo accordo tra le superpotenze
a cui l’astro nascente Kissinger ha messo mano. Il nocciolo dell’accordo era
l’impegno a non costruire sul proprio territorio più di una base
antimissilistica, e comunque a non coprire tutto il territorio nazionale. L’impegno,
cioè, a una difesa limitata. S’intenderebbe la difesa nazionale doverosamente
come la più ampia possibile, e invece l’impegno era a tenerla ridotta.
La
pace si mantiene se ognuno dei potenziali contendenti resta vulnerabile? Una logica
masochista, che tuttavia ha funzionato, ormai per mezzo secolo. E potrebbe aver
neutralizzato definitivamente l’arma atomica – gli “Stati canaglia” si
governano con la forza.
Khomeini – Un realista,
nazionalista. Urbano, politico, “occidentalizzato” - dell’Occidente parlava la “lingua”. È d’uso
far risalire il fondamentalismo islamico, nelle accezioni estremiste dei
talebani, del Gie algerino, di Al Qaeda, e ora dell’Is all’ayatollah che nel
1978 rovesciò lo scià dell’Iran. Mentre Khomeini e i suoi primi collaboratori erano
conoscitori, spesso profondi, delle ideologie, le istituzioni e il diritto
occidentali. Rispetto ai quali si conformavano nella dialettica e non nel
rifiuto.
Il
fondamentalismo è di matrice diversa. Nasce nel wahabismo, cioè nella tribù e
nel deserto, e si forma nella guerra contro il miscredente
russo-sovietico.
Occidente – Si è ridotto a
poca cosa, al castello di Elmau, ma anche prima. Si è ridotto a 7 da 8,
escludendo la Russia dopo averla ammessa. La Cina, che governa il mercato, e
anche un po’di Oceano Pacifico, non ne è mai stata parte e non ci pensa. Di
India nemmeno a sentirne parlare, o della Corea e le altre “tigri” asiatiche.
In compenso ne fanno parte Canada e Italia, che contano poco economicamente e
nulla militarmente e politicamente.
Nulla
anche vi si decide: sulla Liba, la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, i 200 mila
sbarchi l’anno nel Mediterraneo dall’Africa e dall’Asia, l’Ucraina, le sanzioni
contro la Russia. Cioè si sa cosa bisogna fare ma non se ne discute: l’agenda
reale è quella che Washington ha deciso. L’Occidente è stato nella guerra
fredda il paravento degli Usa, che ora non ne hanno più bisogno e lo trattano
da accessorio.
Il
G7 in Baviera, molto curato dal governo tedesco e dall’opinione in Germania,
con schieramenti di polizia ingentissimi per tenere le proteste distanti un
raggio di quattro km., per decidere di riportare le emissioni di gas serra al
livello del 2010 sembrerebbe una commedia. Una commedia all’italiana, con ruoli
e canovacci noti e stereotipi. E forse lo è: Obama dà sempre l’impressione di
rappresentare se stesso, gigione, come pure Merkel, mentre nessuna sorpresa è
possibile dai comprimari, Hollande, Renzi, Cameron (gli altri non si sa nemmeno
chi siano).
I
sette hanno parlato di Russia, di armamenti, di missili, e di guerre islamiche,
ma hanno deciso di far sapere fuori che si occupano dell’inquinamento? È
possibile. È pure possibile che dell’immigrazione nel Mediterraneo e della
crisi economica non abbiano nemmeno parlato. Più probabile è che di queste cose
solo gli Usa si parlino, tra sé e sé, e agli altri non dicano nemmeno nulla.
Nell’una e nell’altra ipotesi, piccola cosa.
Renitente – Cattivo soldato
per antonomasia è l’italiano. Ma dopo il 1915: per due motivi. Il “tradimento”
del 1915, degli Imperi Centrali, Austria e Germania, che crearono il cliché. Dopodiché la pubblicistica inglese
trovò conveniente adottarlo, nel Mediterraneo dapprima, e in Africa dopo
l’impero del 1936, dapprima nell’Africa Orientale e poi in Libia. Dove gli
italiani furono i soli che combatterono a El Alamein, i britannici fecero
incredibili errori con i battaglioni corazzati, Montgomery vinse solo perché i
tedeschi di Rommel si sfilarono, per non impolverare le loro autoblindo.
La
cattiva fama del soldato italiano è recente. Peraltro perdura ora solo in
Italia. Prima il cattivo soldato, nell’opinione corrente, fu per molti secoli
il francese. Con la breve parentesi napoleonica, ma anche in quegli anni non
senza episodi di indisciplina e incapacità. A lungo, dal tempo del “De bello
gallico”, si caratterizzarono i francesi come spacconi, che attaccano briga con
veemenza e alla prima risposta se la squagliano.
Ci
furono molti più renitenti e ammutinati in Germania nel corso della Seconda
Guerra mondiale che fra le truppe italiane, in assoluto e in rapporto egli effettivi. Anche se il conto esatto non si fa, e dell’argomento non si parla,
non in Germania. Lutz Klinkhammer, lo storico dell’occupazione tedesca in
Italia, opera più letta in Italia che in Germania, ne censisce molti casi.
Qualche romano ricorda ancora quando nel 1944 si diffuse la notizia della fine
della guerra e i soldati tedeschi buttavano via le armi dalla gioia. I casi
d’insubordinazione e di coscienza furono moltissimi lungo la Linea Gotica
apprestata da Kesselring, quella delle stragi poi impunite, che divise l’Italia
a metà 1944, da Massa ad Arezzo e a Pesaro. La Wehrmacht fece stragi di civili
e anche di ammutinati e renitenti.
Scoperta – È il trend: si trova poco ma si scopre molto.
Nel senso dell’effetto annuncio – quante soluzioni non ci sono già state per
l’Alzheimer, il Parkinson e gli stessi
tumori? Siamo tutti ricercatori, e la ricerca deve scoprire. Compresa l’origine
dell’universo col sincrotrone. Bombardando la materia coi miliardi.
È
anche una scoperta che fa a meno dell’intelligenza: lavora alla catena di
produzione, onestamente guadagnandosi lo stipendio con l’applicazione.
Wikipedia - È più
avventurosa, e quindi poco affidabile, nel senso della “verità” ultima, ma è,
oltre che di più rapido accesso, più “significativa” che non la Treccani o
l’Enciclopedia Britannica. Dice più cose, di senso più immediato e aggiornato,
accessibili (scrittura, terminologia, illustrazioni).
E
viceversa, conferma che internet non è un’altra cultura, un’altra tradizione,
seppure nuova – un
altro
inizio. Ma un’innovazione.
astolfo@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento