giovedì 18 giugno 2015

Il mondo com'è (220)

astolfo

Banche d’affari – Ottimamente wikipedia, che ne sintetizza il ruolo nella intermediazione finanziaria. Coma banca d’investimento, a medio o lungo termine, spesso con assunzione di rischi propri. Coma banca privata, per correntisti facoltosi. Come vera e propria merchant bank, di intermediazione, quale era la funzione all’origine, nell’alto Medio Evo, della banca.
È però ora più che altro una mascheratura di affaristi, che si vogliono consulenti, investitori, analisti, broker, a percentuale, in proprio, di fusioni, scorpori, ristrutturazioni, o di governi e altri enti pubblici. E monetizzano più spesso doppiamente la funzione, con le informazioni riservate  le manovre speculative.  

Destra e sinistra – Napolitano, il primo presidente compagno della Repubblica, premio Kissinger, non sarà di destra? Marchionne invece, che riassume alla Fiat, non sarà di sinistra? La pignola  differenziazione di Bobbio, che si ripubblica come nuova, ed è anzi l’unica a tenere banco, è del tutto avulsa dalla politica contemporanea – già al tempo di Bobbio. Dove molti fatti vanno invece nel senso del sinistra-destra, dell’indistinzione.
La distinzione non c’è nella società, nei fatti, e non c’è nello spirito, nelle idee e la dottrina. C’è nel giornalismo, ma per abitudine, e nella politica, ma spuria e di posizione, per sfruttare i bacini elettorali, passivi e abitudinari. Nell’opinione, quando non è ripetizione stanca, è solo opportunista.  La guerra all’Irak  è cattiva, quella alla Libia buona. I respingimenti di Napolitamo erano buoni, altri eventuali sono cattivi. Le pensioni sono un furto, o al contrario, i pensionati non si toccano, indifferentemente, a destra e a sinistra.

Franchi  - Furono la forza d’urto del papa anti-bizantina e anti-ortodossa. Anti-unitaria.  Così li dice la tradizione polemica ortodossa, ma non  senza verità. Anzi, è una storia dimenticata che per molti aspetti conviene rivangare. La vulgata ortodossa è che ci fu tra il Sesto e il Quattordicesimo secolo un impero franco, che si creò una chiesa, la chiesa di Roma, e attraverso di essa s’impose. I benedettini sarebbero stati il braccio religioso della monarchia franca, abbazia di Cassino compresa. E le invasioni di Roma e dell’Italia momenti del disegno criminoso.
Ma è vero che nel Sud Italia, dove le radici greche si perpetuavano malgrado i normanni, i franchi dovettero intervenire più volte. E che il papa, tra il 1254 e il 1255, spostò la sede a Napoli per riprendersi il Sud dopo la morte di Federico II. Poi gli angioini rovinarono tutto, al Sud e all’Est. La spedizione fallita di Carlo d’Angiò fu concepita dal papa, Clemente IV, come una “crociata cismarina”, contro i saraceni e i “cattivi cristiani” di Corradino di Svevia. La rivolta dei Vespri antiangioina colse la chiesa, in sinodo a Melfi, impegnata a latinizzare l’ortodossia. Peggio andò con i papi in Avignone: i franchi rivendicarono l’impero d’Oriente per Carlo di Valois, fratello del re di Francia, e non lo ebbero.
Gregorio Magno proclamò a Roma il primato del papa sapendo di che si trattava, dopo dieci anni sprecati a Costantinopoli. A Costantinopoli invece Adelchi (???v.) si rifugiò, per sfuggire Carlo Magno a Pavia, incoronato dal papa. Carlo Magno vi cercò a sua volta moglie, dopo aver ripudiato Ermengarda per prendersi il regno dei Longobardi, e prima d’infognarsi nella venticinquennale carneficina dei sassoni al fine di cristianizzarli, nella persona dell’attempata basilissa Irene. La basilissa, che sarà santa, rispose proponendo invece il matrimonio di Rotreude, figlia di Carlo Magno, con l’imberbe suo figlio regnante, Costantino VI, succeduto a nove anni nel 780 al padre Leone IV il Kazzaro - figlio che presto ella stessa detronizzò, per essere a sua volta detronizzata, nell’802, e rinchiusa in convento (la tradizione fratricida era stata inaugurata dai figli di Costantino, l’isapostolo, che a Nicea fondò la chiesa, benché non fosse ancora battezzato): Costantino VI, bastonato e accecato nel golpe, ne  morì.

Un’inversione dei ruoli in riguardo alle immagini avrebbe potuto essere provvidenziale tra la basilissa e l’imperatore. Sant’Irene era contro l’iconoclastia, Carlo Magno contro l’iconolatria. Promosse a tal proposito i “Libri Carolini”. E per vincere la renitenza del papa convocò il concilio di Francoforte, i cui atti recitano: “Si tenne in assemblea una discussione riguardo al Sinodo dei greci, che era stato convocato a Costantinopoli per decretare l’adorazione delle immagini, nel quale si scrisse che si scagliava l’anatema contro coloro che non avessero offerto servitù o adorazione alle immagini dei Santi, così come alla Trinità deificatrice. In tutti i modi i santissimi nostri padri [...] rigettarono con disprezzo l’adorazione e la servitù, condannando coloro che accettavano questa dottrina”.
Un compromesso fu poi raggiunto da Carlo Magno col papa, sostituendo “venerazione” a “adorazione”. La controversia era d’altra parte terminologica: nel 787 il secondo concilio di Nicea aveva sancito su impulso di Irene la proskynesis delle immagini, la venerazione, ma il traduttore aveva usato in latino l’equivalente di latria, l’adorazione di Dio.

Grande riforma – S’intende del Parlamento e dell’esecutivo, per rendere più rapido l’iter delle leggi, e per rafforzare i potersi dell’esecutivo. È quella che il governo Renzi tenta di attuare. Senza proclamarla. a parte. Il progetto infatti si tenta da una quarantina d’anni costantemente di delegittimare riportandolo a Gelli, il Venerabile della loggia P 2. Con Renzi come già con Craxi, che pure lui aveva tentato di cambiare l’assetto istituzionale. Ma il progetto di Grande Riforma che Gelli faceva circolare nel 1974, d una “riforma costituzionale che spazzi via i partiti e la corruzione”, era da realizzare mediante una intesa di Andreotti con Berlinguer.

Moro-Andreotti – Napolitano premio Kissinger sarà un primo passo per chiarire la vicenda, tuta italiana, che portò alla fine di Moro? Di cui si dice sempre, anche dopo i tanti processi, che è oscura, mentre invece fu molto chiara.
C’è un richiamo incongruo, nelle lettere dal carcere di Moro, all’onorevole Misasi come uno capace di venire a capo del suo problema. Misasi, poi con De Mita segretario amministrativo della Dc, era allora un deputato calabrese, con qualche incarico pregresso di sottosegretario. Il suo nome era palesemente un anagramma scoperto per il Sismi, il servizio di controspionaggio militare. Un nome che apriva una pista. Tanto scoperta quanto rifiutata e anzi in nessun modo praticata.
Nella fattispecie, non è possibile sapere a cosa Moro alludesse. Nel contesto, è invece un riferimento agli Stati Uniti. Ma allora non, come si suol dire, a una presunta guerra degli Stati Uniti, e in particolare del segretario di Stato Kissinger, contro Moro. Bensì alla decisione ferma e ribadita degli stessi Stati Uniti che i governi col Pci li facesse Andreotti e non Moro. Un riferimento che mette il rapimento e la morte di Moro in un contesto, e spiega la decisione di Andreotti di lasciar uccidere Moro, dopo ricerche superficiali e mal condotte. Gli Usa volevano che il governo col Pci lo facesse Andreotti, in un’ottica di contenimento del Pci stesso, e di un suo svilimento – furono “governicchi” di vecchie glorie, senza prestigio né capacità, che non fecero niente, benché la crisi mordesse allora, dopo la crisi del petrolio, quasi come oggi (una storia avvilente, quella dei governi Andreotti-Berlinguer, che purtroppo non si fa). Non considerarono nemmeno Fanfani, che temtò a più riprese di mettersi in mezzo – Fanfani non aveva appoggiato gli Usa in Vietnam, anzi li aveva contrastati, già ne 1962. Ma non volevano nemmeno Moro, che pure era stato l’uomo politico italiano più filoamericano, soprattutto nella guerra del Vietnam, perché non abbastanza “concorrenziale” col Pci – dopo i governi con Andreotti il Pci perdeette per la prima volta le elezioni, con un meno 4 per cento.

Stateladyship – Bisognerà aggiornare il vocabolario della statemanship, ora che con Hillary Clinton, dopo Angela Merkel e Margaret Thatcher, la funzione esce dalla sfera maschile. Ne esce cioè nel cuore del pianeta, non più nelle Filippine o in Argentina.

Velo – Usato in chiesa fino a recente. E tuttora, secondo un’etichetta non cancellata anche se desueta, quando una donna va in visita dal papa. D’uso non obbligato ma sentito e comune.
Carlo Buccisano, socialista, medico condotto a Melicuccà a fine Ottocento-primi Novecento, e a tempo perso folklorista, studioso dei costumi e la parlata locale, ricorda, nel “mutare delle fogge del vestire”, due copricapi ampi in uso per le donne: “La rizzola o scuffia, specie di reticella o cuffia multicolore per lo più in seta, che conteneva i capelli” e la “tovaglia” – “La tovagghia era quel lino candido, portato in testa, mulierum velumina, abbassato leggermente sulla fronte e rovesciato per le spalle e i lombi… Speciale ornamento di bellissimo effetto e seducente, oggi sostituito dal variopinto fazzoletto”. 

astolfo@antiit.eu 

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