Un po’
lo ripete somaticamente, l’occhio remoto, triste, e i riccetti, un po’ ne sarebbe
l’incarnazione reale, l’investitore sbucato dal nulla per salvare la ditta. È così
che uno si chiede: Nanni Moretti non avrà inventato il Turturro di “Mia madre”
dall’avvocato Pallotta?
Avvocato
poco praticante, e miliardario senza i miliardi, oltre che italo-americano che
non sa nulla d’Italia, Pallotta è forse
un po’ di più di Turturro, se è stato scelto da primaria banca, Unicredit,
quale intestatario del pacchetto di controllo dell’ As Roma. Ma niente di più.
Tutto
finora quadra. Intestando l’As Roma a Pallotta, Unicredit ha potuto sottrarre
alla massa degli insoluti i debiti della famiglia Sensi. L’As Roma è salva e ha una proprietà.
Nominale, ma in grado di far marciare le cose: i bilanci, gli acquisti, le
cessioni, i conti.
E tutto si risolverà per il meglio se il progetto dello stadio di proprietà partirà,
come ha detto Pallotta, a dicembre. I capitali affluiranno copiosi, per il club
di calcio, e per la proprietà reale, di Unicredit.
Si
dice stadio di proprietà, ma è un progetto immobiliare su 125 ettari. Di
periferia (Tor di Valle) ma integrati alla città. Con uno stadio, naturalmente,
ma con almeno 50-60 ettari edificabili. In parte già progettati: un Business Park
di una diecina di mega costruzioni da uffici, sormontate da tre
torri-grattacielo firmate Daniel Liebeskind, l’archi-star – una delle quali
prenotata da Unicredit. Con un collegamento autostradale a Fiumicino e alla Via
del Mare. Un investimento da 1,5 miliardi in due anni, già probabilmente nervosi
al via, tanto l’ffare si presenta goloso.
Un
po’ poi, però, Pallotta richiama Turturro. Quando si pensa che la Consob non ha
mai chiesto un briciolo d’informazione sulla proprietà di una società quotata
quale è l’As Roma.
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