Un
esercizio in traduzione in sintonia col “Tractatus”, quasi un gulliveriano
affaccendarsi, che avrebbe divertito Wittgenstein – oppure no, le incertezze lo
innervosivano. La ricomposizione è puntigliosa della prima traduzione inglese
del “Tractatus”, scritto in tedesco, nel 1922 – una seconda sarà rifatta nel
1961 da Pears e McGuinness. Dopo una prima edizione nell’originale tedesco
l’anno prima, sciatta e anzi scorretta (“pirata”). Nelle lettere di Wittgenstein
a Ogden, uno dei traduttori, e di Ramsay, il co-traduttore, a Wittgenstein. Con
annotazioni, osservazioni, suggerimenti quasi parola per parola di ogni punto
controverso del “Tractatus”.
E come
avere l’interpretazione autentica di un’opera così arduamente concettosa? Sì e
no. Nuovi stimoli se ne hanno, ma nel giusto? Il curatore stesso, Luigi
Perissinotto, non ne è convinto. Wittgenstein conosceva poco l’inglese – un
decennio più tardi, ormai da tempo fisso a Cambridge, trovava faticosa la
preparazione delle lezioni. E poi, aggiunge, l’autore può non essere il miglior
interprete della sua opera.
Questa
obiezione è discutibile: uno scritto filosofico, anche se volutamente
concettoso, scritto e riscritto “in levare”, è scientifico e si vuole chiaro, non
ambiguo e multistrato quale invece si fa configurare l’opera letteraria – o i
canoni sono inversi? Ma ha il pregio di far risaltare la vena “mistica” dell’opera
– meglio sarebbe dire profetica.
La
corrispondenza è soprattutto utile, anche gustosa, per sapere come Wittgenstein
voleva che il “Tractatus” fosse letto. A partire dalla scelta del titolo spinoziano,
“Tractatus logico-philosophicus”, suggerito da George E. Moore, invece della “Philosophical
Logic” di Ogden – sia Moore che Russell avevano già titoli latini in proprio
(il titolo di lavorazione del “Tractatus” era stato “Der Satz”, la proposizione,
più aderente all’elaborato). Che per Wittgenstein era un controsenso, il “Tractatus”
avendo concepito come nonsense (“non
esiste qualcosa come una logica filosofica”), e non come un genere speciale di nonsense, ma come una serie di nonsense.
Perissinotto
fa anche un excursus delle traduzioni italiane del “Tractats”, tutte a opera di
A.G.Conte, ma ognuna con qualche variazione nei punti enigmatici.
La giusta
filosofia avrebbe divertito Wittgenstein? Probabilmente no, era permaloso.
Ludwig Wittgenstein, Lettere a C.G.Ogden, Mimesis, remainders, pp. 130 € 6
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