“La Grande Carestia avrebbe causato alla
popolazione cinese la perdita di circa 36 milioni di persone”. “Avrebbe”: il
linguaggio è quello remissivo dei liberali, anche del “Bruno Leoni”, sempre più panda allo zoo. Il fatto è
agghiacciante, l’immolazione di milioni di cinesi a un ordine di Mao, la storia
del comunismo non finisce di rivelarsi catastrofica, e non per caso.
Forse i morti furono 17 milioni, secondo una
stima, forse 23, secondo un’altra stima, forse “trenta o quaranta milioni di persone”. Trenta
o quaranta? Questo è il peggio di tutto: che i cinesi morivano a milioni,
nessuno ne sapeva niente, fuori della Cina e probabilmente anche in Cina, e un
cinese morto non contava, non se ne faceva nemmeno la statistica.
Morivano non per la siccità, per mancanza di cibo. forse per l’esosità dei
rimborsi pretesi dall’Unione Sovietica – l’internazionalismo rivoluzionario non
era gratuito. Forse per la disorganizzazione della Cina di Mao, per la
collettivizzazione forzata, per la decisione di sradicare quell’immenso popolo
di contadini, un miliardo?, che era la Cina. Per l’idea forsennata del balzo in
avanti, del demiurgo, del redentore. Sicuramente per la corruzione.
Non nel Medio Evo, cinquant’anni fa.
Yang Jisheng, Tombstone. La grande
carestia cinese (1958-19962), estratto free online www.brunoleoni.it
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