Dice: ma
Pansa non è uno storico. Certo, ma gli storici che fanno? Oltre a piangere
Berlinguer (anche Moro, ma in quanto berlingueriano). Il revisionismo di Pansa
è la storia. Che gli storici di professione non fanno – non fanno per la verità
neppure altro, a parte santificare Berlinguer, ma a questa storia proprio non
ci pensano. Avrebbero archivi vastissimi, hanno ancora testimoni, e niente, non
ci sentono. Manca perfino una vera storia della Resistenza.
Pansa, in
piccolo, ha pure quella. A margine delle ignominie seguite alla Liberazione:
l’occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e Fiume, le stragi, di fascisti (almeno
20 mila), e non (ne conteggia 12.233 tra Piemonte, Lombardia, Liguri, Emilia-Romagna,
più le faide in Toscana), gli stupri e le violenze sulle donne fasciste, la liquidazione
sommaria e a tradimento dei capi partigiani bianchi e socialisti che “non
marciavano”, la libertà di violenza e stupro degli Alleati, specie delle truppe
francesi.
A p. 240
ne dà in breve i connotati. La diffusissima organizzazione del Comitati di
Liberazione, anche nei piccoli centri, ma confidati a vecchi politici del primo
dopoguerra. La funzione dei Comitati limitata alla testimonianza, mentre erano ineffettuali
e inesistenti sul piano operativo. Notevole, anzi singolare, l’incapacità di
catturare il milione e più di militari sbandati, con le armi, all’armistizio:
non si volevano. .
Giampaolo
Pansa, I vinti non dimenticano, BUR,
pp. 466 € 5,90
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