martedì 16 giugno 2015

Letture - 218

letterautore

Agiografia – È in auge a Milano e dintorni, nella tradizione ambrosiana?, ora che arrivano sconosciuti asiatici subito classificati califfi e miliardari. Il Mr Bee di Berlusconi ne è il prototipo, che pure meglio avrebbe risposto all’eulogia del self-made man. Ma lo si vuole di ogni virtù, il “Corriere della sera” non lesina nessuno degli ingredienti dell’agiografia: i nobili lombi, la vocazione precoce, e se non lo Spirito Santo dollari in quantità, incalcolabili. “La Repubblica” è guardinga – De Benedetti sa di che si tratta – e definise Mr B, come viene chiamato in Thailandia, “fantomatico”, Ma, poi, anche su “Repubblica” Mr B è di ogni virtù: “Dai pedaggi autostradali alle card per il trasporto pubblico, dal settore immobiliare all’organizzazione di eventi sportivi, il broker thailandese mostra di non disdegnare nulla quando si tratta di far soldi: è per questo che investitori di tutto il mondo si affidano a lui e alla sua rete di conoscenze”. Non nobili ma ricchi i genitori, anche se sono emigrati dalla Cina in Australia in cerca di fortuna. L’agiografia vuole il santo precoce, e Mr B, come lo chiamano in Thailandia, lo è: faceva affari già al liceo. Etc., senza ironia. Anche quando eccede nel name-dropping, in cui gli affaristi devono eccellere. Con Enzo Currò di “Repubblica” Mr B spende parecchi nomi –“Del Milan ho parlato con Rotschild, e il contatto con Berlusconi si è creato”.
Come tutti i santi, anche Mr B. è naturalmente un filantropo: “Mr.Bee è molto impegnato”, sempre da “Repubblica”, “nelle attività benefiche: il broker thailandese riveste il ruolo di Ambasciatore Globale per la Fondazione Nourafchan, fondata da Rafael Nourafchan, il cui presidente onorario è lo sceicco Nahayan Mubarak Al Nahayan. La fondazione si propone di promuovere “la salute, la felicità, l’istruzione, la gentilezza e la virtù”, “senza distinzioni di colore, razza, religione e genere”. – questo forse è un comunicato stampa, che il giornale ex di Scalfari ripropone tal quale, per economia di attenzione, ma di un santino alla fine troppo agiografico. Chi saranno Narafchan e Al Narayan?

Mr B. ricalca Erick Thohir, l’altro “magnate” asiatico di Milano, questo dell’Inter. Che ha investito nell’Inter per trarne un alto rendimento, l’8-9 per cento l’anno. Thohir fa da intemerdiario bancario per il club, con un spread netto del 6 per cento. Ma l’Inter, gli interisti e Milano pendono dai suoi silenzi – Thohir a differenza del ciarliero Mr B, è taciturno.

Amore - È stato a lungo tema principe del canto popolare. Come prolungamento di una tradizione. Ma anche come sostrato sociale (pubblico): tema di riconoscimento fra letterati, e collante collettivo (anonimo) senza controindicazioni o rivalse. Poi, nell’ultimo secolo, è svanito. Altri veleni lo hanno soppiantato: la patria, la classe, gli affari, la corruzione.

Autore – Decretato morto , annegato nell’indistinto linguistico – la letteratura è parole – si reincarna a fini commerciali: è autore chi vende. Un  marketing riuscito, come di un divo del cinema o di una velina.

Dante – Un professore d’italiano a Savigliano, Valter Giordano, era molto apprezzato al liceo in quanto conoscitore e lettore entusiasta- entusiasmante di Dante. Poi è finito male, denunciato da due allieve per abusi sessuali. Ora rivela il suo segreto. Ha passato dieci anni in seminario, dai 10 ai 20, e la disciplina era durissima: “Dovevamo stare in silenzio, se parlavi la punizione era imparare un canto di Dante a memoria. Se sbagliavi qualcosa i canti diventavano due”. Bella pedagogia, ma Dante avrebbe approvato? Si capisce anche che non è stato difficile incastrarlo.

Italiano – “La cultura classica del buon lettore italiano non ha paragoni in nessun altro paese”, attesta il filologo spagnolo Francisco Rico – le cui bibliografie includono sempre molti testi francesi, tedeschi, inglesi.

Immagine – È il segno espressivo del Millennio, in letteratura come in politica, e perfino in affari. Non la merce, non la qualità, non l’opera o l’autore, ma la presentazione: comunicazione e packaging.

Intellettuale -  “La critica dell’elitismo e il disprezzo degli intellettuali sono tipici di una società che tende a divenire reazionaria”: Umberto Eco, “Le Point”, 7 maggio 2015. Eco ama i paradossi, e non teme il paradosso dell’elitista – analogo al paradosso del mentitore (“tutti i cretesi sono bugiardi, dice Epimenide cretese”)?
Ma è vero che l’intellettuale è in petto un rentier: vuole una sua (modesta) rendita di posizione. Anche Marx lo fu, prototipo e numero uno degli intellettuali – Marx lo fu in senso proprio, dei soldi: tutto, anche prestiti mai restituiti, meglio che lavorare.

Latinoamericani – Il “realismo magico” fu una solida impresa commerciale, sulle ali del successo di “Cent’anni di solitudine” nel 1967. Il critico spagnolo Xavi Ayen, “Aquellos años del boom”, ne rintraccia la fortuna nell’opera congiunta, a Barcellona, dell’editore Carlos Barral e dell’agente letteraria Carmen Balcells. L’uno, gran letterato, attraverso i premi che organizzava o controllava, all’interno e all’esterno della Spagna. Lei per l’enorme fiuto commerciale e di relazioni pubbliche, per prima con gli stessi autori, dei quali diventò la vestale. Capace anche di superare i notevoli handicap politici dei suoi autori, troppo di sinistra, troppo di destra, incostanti. Fino ai Nobel, negati invece ai latini non di scuderia.
Prima i sudamericani non erano sconosciuti, in Francia e in Italia soprattutto, argomenta Ayen: Borges, Carpentier, Asturias, Rulfo, etc, erano tradotti e apprezzati. Ma il boom fu un’altra cosa, Ayen limita la sua ricerca del “boom” latino a quattro autori: Garcìa Marquez, Vargas Llosa, Cortàzar e Fuentes. Ma l’onda si estese al Brasile, al Messico, alla stessa argentina di Borges.

Pasolini – Voleva ridere e far ridere, gli amici lo ricordano di spirito lieve. Mentre l’immagine che suscita è quella delusa e polemica degli articoli “corsari”. Ma non era di buon carattere. Non parlava con nessuno nel quartiere di Monteverde Vecchio dove ha abitato a Roma, ai due indirizzi, , il barbiere, il giornalaio, il barista, il garagista. E, purtroppo, non aveva amici, se non letterati. I presentava anche malinconico, e chiuso. Effetto delle persecuzioni di cui fu vittima? Ma era anche  un privilegiato. Gli ultimi tempi anche gli intimi dicono che vagava solo.
I primi ricordi personali sono misti. Girava l’Italia con Moravia per noiose diatribe su lingua e dialetto, false, visibilmente false per lui stesso. E stanche sottoposizioni alle domande dei pubblici di periferia, del circuito Aci: le musiche nei suoi film? “solo Bach”. Ma anche per un adattamento  del “Miles Gloriosus “ di Plauto che sganasciò dal ridere in anteprima il pubblico della Pergola a Firenze, e alla fine la stessa Compagnia dei Quattro che lo rappresentava, sfiniti a ridere anche loro.

Spie – Molti scrittori viaggiatori inglesi si sono vantati, o sono sospettati, di avere lavorato per i servizi segreti del loro paese. Il più propagandato è Graham Greene in Sierra Leone (e in Centro America?). Ma numerosi altri sono stati sospettati, specie i tanti che viaggiavano tra Afghanistan, Tibet, paesi di frontiera himalayani. Compreso Bruce Chatwin quando decise di dedicarsi ai monasteri ortodossi del Vicino Oriente, per conto del “Sunday Times”, luogo privilegiato delle informazioni “speciali” (la “strategia della tensione” è la più famosa, ma in una serie).
Robert Byron conclude il semi-inconcludente “L’Europa vista dal parabrezza” con un capitoletto sull’occupazione italiana del Dodecaneso che non può essere che da servizio segreto. Il capitolo comincia con una lode del fascismo, “l’organizzazione politica più vitale della nostra generazione”, del tutto incongrua con lo stile, di vita e di scrittura, di Byron:  “In materia di benessere sociale, istruzione e prosperità industriale , dal 1922 a oggi (1925, n.d.r.) l’Italia ha fatto progressi  che non trovano paragoni in nessun altro paese del mondo”. Per poi introdurre di colpo l’imperialismo italiano, di “innata volgarità”. E produrre una dettagliata cronistoria, militare e diplomatica, dell’occupazione del Dodecaneso in cui, senza fare torto giuridicamente agli italiani, dice però che sono spietati, profittatori e distruttori. Anche per avere estromesso l’influenza benefica inglese. Per la disattenzione di Lord Curzon Tentando anzi di estendere l’ingerenza a Corfù, che per ritorsione era stata appena bombardata e occupata dall’Italia dopo la strage della missione italiana incaricata di tracciare i confini tra Grecia e Albania.
Ciò potrebbe spiegare la rapidissima pubblicazione del voluminoso libretto, in pochi giorni, anche se come opera d’esordio non è granché. Byron aveva venti anni nel 1925, era stato espulso da Oxford, e vagava per Londra senza un’occupazione alternativa e senza progetti. Anche l’impianto del libro combacia: il viaggio è particolarmente caloroso nella tappa italiana, che è anche la più dettagliata e lunga, per dire che Byron non è prevenuto.  

Vajasseide – L’epiteto “vajassa!”, serva,  della Carfagna alla Mussolini che cinque anni fa ruppe l’armonia di genere e di partito tra le due vedettes, aveva un precedente letterario, che riemerge con la riproposta al cinema (“Il racconto dei racconti” di Garrone) di Basile e il suo “Cunto de li cunti”. Giulio Cesare Cortese, il letterato napoletano della prima metà del Seicento, più famoso perché Basile ne commemorò la morte nel 1627, mentre lui vivrà ancora una quindicina d’anni, era celebrato autore di una “Vajasseide” in lingua napoletana – così come poi sarà il “Cunto de li cunti”. Un poema eroicomico in ottave in cinque canti, di cui sono protagoniste le serve di casa, “vajasse”.

letterautore@antiit.eu

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