Ci
vorrebbe oggi un altro “persiano” che veda l’Europa con gli occhi della verità.
Ne siamo tutti convinti, che siamo a un brutto passo, tra stupidità e avidità –
di potere, sia pure solo di prevaricare profughi affamati, e di furbizia,
ignoranza, arroganza, con la grazia dell’orso. Anche l’ancien régime era cieco, e Montesquieu non può che riderne. Ma
ora non si ride nemmeno, abbiamo fatto guerre inutili per tutto un secolo alla
stupidità rivestita di arroganza.
S’immagini
un “persiano” che sbuchi dalla metropolitana al Tiergarten davanti al
Bundestag. Non un selvaggio, uno che si assorba nello scontro di civiltà, no:
uno altrettanto colto e non totalmente alieno, ma di un’altra cultura, che
supponiamo vergine ma con lo stesso linguaggio. Quante sorprese questo “alieno
come noi”, quello che vive nel presente storico, non ci racconterebbe,
all’occhio di tutti.
Montesquieu
ne ebbe l’idea tre secoli addietro nel 2021. Quante ne hanno da raccontarsi
Uzbeck e Rica, insolenti, melodrammatici. Fu così che il re di Francia si rivelò
un prestigiatore, uno che voleva far credere a suoi sudditi che la carta fosse
oro. Come del resto il papa, che voleva far credere ai fedeli che il tre è uno
e l’uno tre.
Montesquieu,
La lettere persiane
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