Mr Bee
mette mezzo miliardo nel Milan. Forse. Di soldi non suoi. Per un progetto di
merchandising. Tanto basta per sprofondare Milano nelle meraviglie. Il
“Corriere della sera” schiera quattro grandi penne dello sport e due pagine per
magnificare il “magnate”. Uomo ricco, viene detto, ricchissimo, dai molteplici
interessi e dai visionari investimenti. Stessi toni, benché più sulla
meraviglia (“ma chi glielo fa fare?”), sapendo che nel calcio c’è poca trippa,
della “Gazzetta dello Sport”. “La Repubblica” è cauta, l’editore De Benedetti
sa chi è Mr Bee, che dice “fantomatico”. Ma spreca anch’essa pagine in lode del
salvatore del Milan.
Questo
Mr Bee è forte di Gls, Global Legend Series, una specie di campionato di vecchie
glorie europee inventato per l’Asia da Fabio Cannavaro – una sorta di circo
ambulante. Sigla che usa per far capire che gestisce i cartellini di numerose vedettes mondiali del calcio. Di suo è
un immobiliarista, dice. Di una famiglia di immobiliaristi. Diventata ricca in
Austrialia, dice. È un viziosissimo name dropper. A Enzo Currò di
“Repubblica” dice che del suo “progetto Milan” ha parlato con Rothschild. E lascia intendere che Rothschild lo ha presentato a Berlusconi. Mentre ha parlato, forse, con l’ufficio
Rothschild a Milano, un nome prestigioso che però fa solo consulenza d’affari.
E così via di questo tono, da Obama alla regina Elisabetta, tutte le porte gli sono
aperte.
Ma è alto
e magro, e fantasioso, e la città è ai suoi piedi. Milano, la crema del
giornalismo milanese, non distingue tra arabi e cinesi. Tra principi arabi e
borghesi cinesi. Tra patrimonio, di cui gli emiri arabi sono ricchissimi detentori,
e affari, che invece in Cina e dintorni sono una specialità. Una distinzione
pure elementare.
Era successo
con Thohir, il “magnate” dell’Inter. Che per la verità, essendo indonesiano, all’apparenza
non è così spregiudicato come i frombolieri cinesi. Ma il “magnate” Thohir non
ha speso nell’Inter un euro, e usa il club milanese per pagarsi interessi
elevati, sull’8-9 per cento, sui prestiti alla stessa società che riesce a
intermediare da banche asiatiche. Un mediatore di affari, con sede alle
Caymane.
Più
miracolosa di tutto è la supponenza ambrosiana: ritenere i furbissimi, abilissimi
asiatici dei selvaggi, con l’anello al naso. Lieti e grati di essere sbarcati
nella piccola Hong Kong che è Milano, minuscola, senza il mare.
Nessun commento:
Posta un commento