Amicizia –Aristotele – e poi Cicerone – dice l’amico un “alter
idem”, l’Altro con cui c’è identificazione, totale o per qualche aspetto. Nel
presupposto di un’identità – l’amicizia non è per la debolezza di spirito.
Amore – Da Platone a Petrarca, con tutto il Medio Evo, alto e
basso, trasforma l’amante nell’amato.
Petrarca, “Secretum” III, dice che lo trasforma “in amatos mores”, se non proprio nella persona:
nei suoi attributi e modi di essere. Negli amori eterosessuali, dunque, il maschio
si fa un po’ femmina, e viceversa.
Architettura – Ha – senza saperlo
– le stesse proprietà di insight riflessione,
sintesi) della filosofia. Come la musica forse, “musica pietrificata” la
voleva Schelling, ma con maggiore proprietà di
linguaggio, meno esoterico.
Dio – Non è molto
amichevole nella tradizione greca. È anzi un nemico, iroso, rancoroso, avido
anche, nelle sue molteplici incarnazioni, e inaffidabile (spergiuro, falso,
furbo), a cui bisogna pagare dei tributi, un vassallaggio. Senza peraltro
obblighi di fede. Giusto per molcirlo. Se non, più spesso, come un pensiero
molesto di cui liberarsi fingendosi devoti, con offerte, promesse, gesta. Una
divinità di cui resta forte l’imprintig nello scongiuro, la pratica apotropaico
così diffusa e persistente, cognita e involontaria.
Peggio
nella tradizione ebraica, o biblica: Dio coagula troppi nodi impervi per
parlarne.
La
morte di Dio è un “crimine contro l’umanità”, arriva a dire Derrida. Senza
dirlo – senza argomentarlo, soffermarvisi, elaborare – ma convinto e
convintamente. Lo è nella concezione cristiana: “Il crimine contro l’umanità è
un crimine contro ciò che c’è di più sacro nel vivente, e dunque già contro il
divino nell’uomo, in Dio-fatto-uomo, o
l’uomo-fatto-Dio-da-Dio (la morte dell’uomo e la morte di Dio rivelerebbero qui
lo steso crimine)”.
Nella
concezione cristiana, aggiunge Derrida, Nietzsche compreso: era il suo rovello
rimosso - o ineliminabile, che è la stessa cosa, a ripensarci, sotto la gioia
rumorosa del creatore Zarathustra.
Madre
– È
sempre più paterna. Correttrice, madre Coraggio. Nelle cronache sembra una
novità rivoluzionaria: in America la madre che schiaffeggia il figlio
immischiato nelle proteste di piazza, a Roma la madre rom che invita incessante
i figli pirati della strada a consegnarsi (sconto di pena), a dire alla guida
il minore (altro sconto di pena), e infine ne organizza la cattura.
Ma è un “ritorno” per l’opinione
pubblica, cioè per la borghesia. La madre era domina in antico, e lo è sempre stata nella working class, in campagna e in città, seppure a costo di fatiche.
Il maschio confinando alla rappresentanza (mercato, comunità) e alla
procreazione. Maschile è il “ruolo”. A lungo codificato, certo, nelle
cosiddette “posizioni di potere”, ma antropologicamente marginale.
È sempre più scopertamente mater matuta, l’antica divinità italica
dell’aurora, della vita cioè alla nascita e delle cose del mondo. Una che ne
assomma tutte le funzioni è la “SamCam” dei giornali popolari inglesi, Samantha
Cameron, la moglie del primo ministro. Che è “tutto”, e avrebbe dovuto
governare lei in prima persona, invece del marito David, da lei “costruito” e poi
regolato in ogni aspetto. Insieme madre di famiglia e casalinga, nobile di
antico lignaggio, impegnata sul sociale e aperta a tute le cause civili. Conservatrice
cioè e laburista. E tempista in ogni scelto, che il marito condivide.
Mondialatinizzazione
-
È neologismo ripetutamente proposto da Jacques Derrida, soprattutto nei
seminari e i saggi sulla religione e il perdono. Per significare l’adeguamento
di tutto il mondo alla civiltà giuridica latina, seppure in salsa anglosassone.
Trattando ripetutamente del perdono, che
all’epoca, fine Novecento, imperversava nel galateo degli Stati, Derrida finiva per collegarlo da ultimo (nel
saggio-intervista con Michel Wieviorka, “Le Siècle et le Pardon”, su “Le Monde
des Débats” del 9 dicembre 1999, più che nel libro-conferenza “Perdono”) alla
“vecchia nozione” dei “crimini contro l’umanità”. Nozione radicata nella
“tradizione abramitica”, e più nel cattolicesimo. È un crimine, argomenta
Derrida, che si basa sulla “sacralità dell’uomo”. Questa sacralità “trova un
senso nella memoria abramica delle religione del Libro e in un’interpretazione
ebraica, ma soprattutto cristiana, del «prossimo» e del «simile». Di
conseguenza, “se il crimine contro l’umanità è un crimine contro ciò che c’è di
più sacro nel vivente, e dunque già contro il divino nell’uomo, in
Dio-fatto-uomo, o
l’uomo-fatto-Dio-da-Dio (la morte dell’uomo e la morte di Dio rivelerebbero qui
lo stesso lo steso crimine), allora la «mondializzazione» del perdono somiglia
a un’immensa scena di confessione in corso, dunque a una
convulsione-conversione-connessione virtualmente cristiana, un processo di
cristianizzazione che non ha più bisogno della Chiesa cristiana”.
Questa mondialatinizzazione, aggiunge
Derrida in ipotesi, si impone perché contigua agli interessi, “come sempre nel
campo politico”. Derrida è già giunto alla conclusione che il vero perdono non
può essere che disinteressato. anche
da interessi spirituali sociali. È una
tecnica, si potrebbe dire. Anche una forma di ipocrisia? Derrida non trova
altre ragioni, “se un linguaggio che incrocia e accumula in sé possenti
tradizioni (la cultura «abramica» e quella di un umanesimo filosofico, più
precisamente di un cosmopolitismo nato esso stesso da un impianto di stoicismo
e di cristianesimo paolino) s’impone a culture che non sono all’origine né
europee né «bibliche»”.
Nomadismo
–
È anch’esso materno. È invalso considerarlo maschile, fenomeno storico legato
al patriarcato: poliandria, cavallo, anche dopo la ruota con il carro, esposizione
delle femmine. Alla caratteriologia delle distinzioni di Bachofen tra
patriarcato e matriarcato. Mentre è femminile per esempio in Africa, del Nord e
del sud del Sahara – questa supposta sede del matriarcato sedentario.
È così nella cronaca, nelle migrazioni attraverso il Mediterraneo, di madri,
mogli, figlie – nonché nelle migrazioni femminili di massa dall’Est Europa,
sempre di mogli e madri, o tra i rom.
zeulig@antiit.eu
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