Benedizione
– È la
vera maledizione, arguisce Enzensberger, nella piccola filosofia portatile del
“Signor Zeta”. La maledizione logora chi la promuove e moltiplica le energie e
le difese di chi ne è vittima, la benedizione invece isola, e spesso fa
dimenticare le difese istintive, lo scongiuro, l’allerta.
Tutto si può dire, ma è il limite del paradosso,
che non ci sia peggior diavolo di Dio.
Dio – Nasce incensurato. Più che
per le creazione, come vuole la Bibbia - tutti creiamo nel nostro piccolo qualcosa in continuazione, comprese le
formiche – eccelle perché immune alla colpa. In tanti hanno tentato e tentano d’infangarlo,
e non ci riescono: ributta il fango in automatico indietro. Non si spiega altrimenti
che abbia concepito (generato) il Male e sia a esso immune.
Disincanto
– L’Entzauberung di Max Weber non è il
“disincanto” di un mondo senza Dio né dei, ma lo “smagamento” che la tecnica
imperversante opera.
Essere – Resta ingombrante, malgrado
gli spaventi e le abiure indotti dai “Libri neri” di Heidegger, la sua
questione dell’essere. Che viene risolta
nel “ci”, relativizzandola – relativizzando l’essere, l’uomo e l’umanità. Lo
stesso di Foucault, l’altro filosofo radicale che resiste ingombrante del Novecento,
del suo “dispositivo” (“discorso”). Ma il fatto di porre la questione
dell’essere, non da ora, attraversa e sminuisce queste relativizzazioni. Le
riporta al loro “essere” aggiuntivo e magari innovativo, di evoluzione,
invenzione, scoperta, induzione, deduzione. Sorprendente a volte e anche
benemerito, ma della natura del soprammobile.
Fede – S vuole ortodossa e non. Se
solo ortodossa si spegne: univoca, stabile, immutabile, nei riti, la preghiera,
la salmodia, l’ermeneutica, sarebbe morta e non vivo.
Ciò è vero della fede in senso proprio come di
ogni altro affidamento, dalla simpatia all’amicizia, alla devozione, e all’amore.
Non è una contraddizione: si parla di fede e on di legge. Non c’è vera religione
senza eresie.
Galileo – Il suo critico principale, quasi uno “stroncatore”, è
quello che a lui deve la rinomanza, Alexandre Koyré. I suoi “Studi galileiani”,
che non senza motivo forse non si ristampano, rimproverano a Galileo di non
aver fatto della fisica ma solo della pedagogia e della filosofia. E in
filosofia di: 1) avere, 2) non avere seguito Descartes. Che però veniva dopo,
specie le opere cui Galileo si sarebbe\non si sarebbe conformato.
Velenosa anche la dimostrazione,
che Koyre fa profusamente e che dà pregio alla sua raccolta, che le
speculazioni filosofiche più fumose hanno contribuito, nel Rinascimento, alle
origini della fisica sperimentale e quantificata. Che non è la lode che sembra.
Heidegger
– Un
chierichetto, figlio di sacrestano, anche se per nulla evangelico. Quando uscì
“Essere e tempo” i teologi ebbero il dubbio che fosse opera di teologia, ma
erano loro stessi teologi e non evangelici. E quasi satanico, così beffardo
com’era quando non si controllava.
Un teologo senza Dio? In realtà è molto di
chiesa. Il primo concorso lo fece per la cattedra di Filosofia Cristiana. Non
lo presero, ma continuerà ad andare a Messkirch a messa, nel banco del coro che
era suo da ragazzo, e a segnarsi e inginocchiarsi nelle chiese di campagna nei
suoi trekking.
Ma teologico lo è non per l’aneddotica. La sua
“istorialità destinale” è messianica - si sarebbe meravigliato di essere
biblico, suo malgrado un po’ ebreo? L’Eterno è il mio pastore, dice la Bibbia.
E lui: l’uomo è il pastore dell’Essere.
E di nuovo cosa fa? Recupera l’Assoluto in
mezzo alla (alla fine della?) miscredenza. Non metafisico, non religioso, un
Assoluto che “non si mostra che nascondendosi”, tipo cane e gatto, velato\svelato,
presente\assente, “istoriale” nella
discontinuità: che è l’umanesimo, il modo di essere dell’umano, anche se
pretenderà di negarlo. Il suo uomo è un essere che ha una vita interiore, ne è
anzi prigioniero: gettato nel mondo, preda della Cura, un essere-per-la-morte,
autentico e no. Insomma, metafisico: senza corpo, desiderio, bisogno,
convivialità, solitudine, politica – un prete: l’uomo della religione senza religione,
che l’anima chiama Dasein.
Hybris - Trascurata e anzi
cancellata, benché sia la costante dell’epoca, fino all’insolenza. Inclusa
quella che si fa un vanto di misconoscere la trascendenza. Forse è qui la
radice dello stato depressivo invadente o della crisi: la ragione che non tiene
conto della sua hybris si espone alla
hybris di ritorno, ex divina. Tenerla
in conto elimina un senso di mancanza e quasi di colpa. E non per calcolo
opportunista: è aver dispiegato tutto l’armamentario razionale di cui si dispone,
compreso l’irrazionale.
Multigender
– I
bambini chiamano tutti gli uomini papà e tutte le donne mamma, dice il primo
capitolo della “Metafisica” di Aristotele. È la fine di Aristotele?
Potere – Si può dire un equilibrio
instabile. Costituzionalmente, il più instabile – mutevole anche al battito
d’ali della farfalla a Hong Kong. Anche il potere assoluto non scaccia l’incertezza:
un evento improvviso imprevisto, o anche una semplice minuta variazione –
sottrazione, aggiunta.
Purezza – È l’assenza della colpa,
della souillure. La cancellazione
della colpa compresa.
È l’attributo massimo probabilmente di Dio. Che
è censore incensurabile, e di milgiore qualità fra tutti i giudici, perché
intoccato dalla sporcizia.
Realismo
– Ce n’è
più di Foucault, delle singolarità? Delle cose ma in quanto conosciute, di
Foucault (giochi d verità), e di Wittgenstein (giochi di linguaggio)?
Perché non sarebbe neo neorealismo? Il primo
essendo quello della Scolastica (Anselmo d’Aosta, Tommaso d’Aquino, Duns
Scoto), il secondo quello inglese opposto all’incipiente idealismo tedesco.
Relativismo
– Totalizza
anch’esso, naturalmente. Viene come opposto allo storicismo, da Croce a Simmel
e Foucault, una parte di Hegel compresa, un’opposizione di cui non c’è
necessità. La verità nel tempo e nello spazio presuppone la Verità vera, come
metronomo (scansione) se non come metro.
Umanità – È in rapido declino. Ha
cessato di essere al centro del mondo con Copernico, con Darwin si è ridotta a
specie vivente, con Nietzsche all’empiria, e poi al fenomeno.
Ma c’è un mondo senza l’umanità? Non è il mondo
una sua creazione, dell’umanità? Finisce dunque il mondo, ma che mondo?
Verità – L’uomo non può accedere
alla Verità, si dice con Foucault, anche con Wittgenstein, la quale non esiste.
Eccetto che per l’enunciato?
La verità è mobile – elastica, adattabile, e
non per conformismo o opportunismo: è l’intelligenza.
È sempre provvisoria. Tanto è vero che si smentisce in continuazione.
È una metamorfosi. La vita eterna.
Koyré direbbe: l’uomo è capace di concepire l’idea
della verità ma incapace di raggiungere la Verità., una per tutte. Certo, non
attraverso l’LHC del Cern a Ginevra. Ma questa non è la Verità?
Foucault: “La vita è approdata con l’uomo a un vivente
che non si trova mai interamente al suo posto, a un vivente che è votato a sbagliare e a ingannarsi”. Rispetto alla Verità? A più verità successive? L’atto
di filosofare è veritiero.
Senza Verità niente filosofia.
Senza Verità niente filosofia.
zeulig@antiit.eu
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