sabato 25 luglio 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (252)

Giuseppe Leuzzi

"La Nazione" ha una pagina, nell’edizione provinciale di Carrara, sugli sviluppi giudiziari per la morte di una ragazza operata di appendicite, a causa dell’interruzione dell’elettricità in sala operatoria. All’ospedale di Vibo Valentia. Nove anni fa. Dalla lettura si capisce poco: più che di malasanità, il problema sembra una lite fra giudici, sempre di Vibo Valentia.
Una volta, al tempo dei romani, gli apuani erano stati dislocati nel Sannio, e i sanniti tra Massa e Carrara. Sarà successo lo stesso con la Calabria, e non ce ne siamo accorti.

Si celebra a Palermo l’anniversario dell
’eccidio del giudice Borsellino e degli agenti di scorta, mentre sotto accusa è nella stessa Palermo l’antimafia. Non tutta, ma buona parte sì.

La leggenda nera

Cantone scrive a venti Comuni-campione per invitarli a dare meno appalti senza gara. In cima alle chiamate dirette vengono Firenze, Bologna, Milano, Aosta etc. Non Catanzaro. Invece sul “Corriere della sera”, l’inevitabile Stella scrive una pagina contro Catanzaro:

Il giornale non ci crede dalla gioia, e fa questo titolo, anche se sbagliato (poi ricrederà, nella rubrica delle lettere che nessuno legge): 
I Comuni e gli appalti senza gara
Catanzaro, telecamere da 23 milioni
La denuncia dell’Anticorruzione: nel comune calabrese fino al 97 % delel forniture assegnato con "procedura negoziale", cioè appunto senza gara. Punte dell'93% a Milano e dell'86 % a Roma 
Stella definisce il sindaco di Catanzaro Abramo "eletto dalla destra tra accuse di brogli e nuove conte di voti". Quel sindaco è stato eletto almeno un paio d’anni fa, e dunque ha superato le "accuse di brogli". Questo Stella non sarà Beria?

Ma è una storia di avvocati: informatore di Stella è infatti un avvocato di Catanzaro, che prepara la candidatura contro Abramo. Pezzo forte di Stella è l’assunzione a Catanzaro di un legale contro i "curiosoni" dei bilanci comunali. Mentre è vero che il Comune ha fatto causa per diffamazione e diffusione di notizie false e tendenziose, contro l’avvocato-candidato.

Alvaro poeta delle origini
"Di quello che l’aveva veduto nascere ricordava tutto e chiaramente", Alvaro fa riflettere il suo protagonista di "L’uomo nel labirinto": "Gli alberi e le case, il colore delle ore, che ormai era arrivato a indovinare solo a guardare fuori della finestra; il gusto dei cibi e il sapore dell’acqua, il modo di trattare gli uomini, che gli erano parsi accessibili, mentre questi altri gli erano estranei e come incontrati in viaggio" - il "colore delle ore".
E quando in treno verso Lipari il protagonista si sveglia a un tratto, è perché "i suoi orecchi, abituati alle grida e ai rumori delle stazioni, avvertirono un suono nuovo e voci conosciute. Un altro linguaggio percorreva il treno, più lesto e più allegro come nel risveglio di un giorno di festa". Il dialetto, che Alvaro dice "la parola familiare" – dell’amante May che lo accompagna all’uomo viene di pensare: " La bocca di lei gli pareva di quelle bocche straniere che hanno la piega d’una lingua ignota, su cui non è rimasta impressa mai quella parola familiare che è in fondo al pensiero, per quanto sia diversa la lingua che si parla". La vita radicata è opposta col segno più a quella metropolitana sradicata, e si opina che le lingue senza radici siano incapaci di pensiero.
Al risveglio dell’uomo nella terra materna anche la vista si acquieta: "I monti acquistavano le parvenze che egli conosceva, e a uno svolto si parò dinanzi la sua montagna in mezzo agli altri monti: alta, solenne, con i fianchi materni, che era quella e non altra, diversa da tutte quelle che erano intorno, quasi costruita in modo diverso, con tutti i massi lucenti che alle altre mancavano, con le macchie d’alberi che avevano un’animazione diversa da tutti gli alberi del mondo" – la montagna dai "fianchi materni".
Il ritorno
Ancora Alvaro, qui in "Memoria e vita", lega il senso vivo della vita all’infanzia, e quindi alle radici, familiari, culturali, etniche: "Avevo passato dieci anni in quel mucchio di case presso il fiume", ricorda del paese natio, San Luca, "sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti verso il mare, i primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei più vasti e lunghi e popolati".
Ma non è così semplice come sembra, il ritorno è contrastato. Il ritorno "nella regione del suo paese", in Calabria, è subito avvertito dal protagonista, anche se dal versante non suo, il tirrenico e non lo jonico: "il suo paese era al di là della montagna, e qua risentiva la primitiva impressione di essere ancora forestiero". Ma, "come per un gioco fanciullesco", può divertirsi a "indovinare i suoni della sua terra" – e ci riesce : "Avvertiva, dalla parte dove poggiava il capo, un senso di nuovo e di fresco. Là doveva esservi il mare, il mare in pendio che egli conosceva, lungo la costa arsa su cui si spingevano le viti nane piantate sulla rena". È il primo di molti "ritorni" di Alvaro alla sua "terra". Il "mare in pendio" non c’è, ma è una cosa sua, di Alvaro, del suo protagonista.
E tuttavia "era come vedere i cenni di un muto che si sforzi di parlare": così, con un ritorno muto al luono natio, Corrado Alvaro conclude il suo primo romanzo, "L’uomo nel labirinto". Non come atto d’orgoglio, ma di contrizione e di diminuzione: "Alcuni uomini perdono la loro razza, altri no. Io la conservo", fa dire al protagonista all’incontro di "un viso noto", una piccola cameriera mora: "Io mi riconosco in lei. Vuol dire che in me si riconoscono tutte le persone povere, modeste, silenziose".
Il ritorno omerico, nostos, sa di nostalgia, e così è: non c’è ritorno se non voluto, anche se per necessità interiore.

Maschere mascherate

Mascariare si dice a Palermo per calunniare: viene da tingere col carbone - basta un tocco e resta il segno – ma sa di maschere. È una vicenda molto siciliana, quella di Crocetta, Borsellino, Tutino & co.. Pirandelliana, ovvio, benché da maschere mascherate più che nude: tutti sono una cosa e il contrario, e niente è come appare. Ma è anche molto confessionale, e anzi democristiana. Crocetta viene dal Pci, ma è di parrocchia ed era impiegato all’Eni, cioè targato bianco, Leoluca Orlando il suo presunto killer, il medico Tutino, uno che recitava il rosario, forse per imitare il Gattopardo, l’onorevole Lumia, e la famiglia Borsellino – Paolo era di destra, ma confinava con la destra Dc.
Questo che c’entra? C’entra: è la Dc che ha infettato la Sicilia, pure così industre e potenzialmente prospera, oltre che bella e ben tenuta - non si può sostenere il contrario, che sia stata la Sicilia a infettare la Dc. E ora infetta il Pd. Le sinistre questa Dc le ha espulse da tempo, prima il Pci, che nell’isola raccoglieva sì e non il 10 per cento quando in tutta Italia (Sicilia inclusa, che tanto pesa nel voto nazionale) era a un terzo del voto, poi i socialisti e ogni altro. Il Pd non riesce a esprimere in Sicilia – alla Regione e a Palermo – nemmeno un candidato.

leuzzi@antiit.eu

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