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mercoledì 15 luglio 2015

Bloomsbury di campagna

Un quadro semplice e pregnante, a volte insistito ma spassoso, di una società, nello spazio di un prolungato house party. Cerimonia cui il giovane Huxley – questo è il suo debutto creativo, 1921 -  era avvezzo, essendo allora nelle grazie di lady Ottoline Morrell (l’amante di Bertrand Russell, per oltre duemila lettere), che lo ospitava insieme con altre grandi promesse letterarie, T.S.Eliot. D.H.Lawrence, nel suo castello di Garsington, per poter “creare” a proprio agio e insieme godere di una eletta compagna. È di Garsington Manor che Huxley fa la satira, bonaria e a sé stante, con personaggi a chiave ma non faticosa – il gioco dei riconoscimenti non è importante: si fa rileggere senza note. Di un modo di essere intellettuale in cui il futuro creatore di mondi alternativi si sentiva a disagio.
Con molti pezzi forti. La poesia di “carminativo”, da ragazzo, adolescente e giovane scrittore, bella parola, fino alla scoperta che significa antiflatulenza. I tre pinnacoli del castello voluti dal fondatore giuusto perché il gabinetto di decenza in cima a ognuno di essi avesse la necessaria pendenza. O l’avo Ercole, nano, che tutta la servitù volle nana, e una moglie nana e bella si trovò a Venezia, Filomena, con la quale generarono il gigante Ferdinando – di che squassare il gioco delle genealogie.
Un misto di gargantuesco alla Rabelais e di romanzo di campagna alla Peacock – una celebrazione ironica di Bloomsbury agreste. La lettura casualmente gli sovrappone “L’uomo che sapeva troppo” di Chesterston, altra celebrazione satirica del week-end. Se ne è persa la traccia, anche in Inghilterra.
Aldous Huxley, Giallo Crome, Mattioli 1885, remainders, pp. 175 € 7


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