Si
intercettano gli intercettatori. Le Autorità custodi della sicurezza, la
giustizia e la verità. A fini di ricatto. O di più verità, alla Snowden o Wikileaks. Oppure di beffa, perché no. Sono
le Procure italiane e i servizi di sicurezza, il Ros dei Carabinieri, in
America la National Security Agency, e altri soggetti analoghi in una
sessantina di altri paesi, i clienti dello Hacking Team, la società milanese
vittima dello hackeraggio, del furto dei dati e del sistema di controllo. In
particolare del “Galileo”, il programma in grado di introdursi in qualsiasi
struttura di comunicazione, anche quando non è connessa a internet, per appropriarsene
i dati, telefonate, email, documenti.
È l’effetto
società aperta così come ora è concepita: una serie di caselle-fortezze presunte
inattaccabili, l’una che controlla l’altra. Una società di segreti, cioè, più
raffinati o segreti degli altri. Una società aperta piena di ombre: si vede da
tutto ciò che wikileaks e Snowden hanno pubblicato, loro stessi selezionando.
Non un’operazione di verità dunque. E domesticamente dalle indagini sempre parziali
e mirate delle procure e gli apparati di sicurezza. Né sono da escludersi
azioni di concorrenza, da parte di tecnologie più “evolute” del Galileo, che
così entrano violentemente sul mercato – o di puro sabotaggio, magari da parte di
un socio o dipendente deluso.
È l’effetto
anche dell’industria della sicurezza, che non conosce limiti, di tecnologia e investimenti.
Quarant’anni fa le Br imposero costosissime operazioni di blindatura, di mezzi
di trasporto e accessi, di guardia armata costante, e di protezione personale
con le scorte, che non è stato più possibile dismettere. Alla minaccia delle Br si è aggiunta la mafia. E
da qualche tempo il terrorismo islamico.
Le
due esigenze di sicurezza non sono uguali e nemmeno simili. La volontà di
nuocere è invece eguale, e incontrollabile – chiunque è in grado di nuocere, argomentava
Hobbes, è un potere diffuso. L’antidoto sarebbe ridurre le ragioni o le aree di
sicurezza. Che invece l’“industria” della sicurezza (servizi, segreti, procure,
carabinieri) moltiplica – ha tutto l’interesse a moltiplicare: più sicurezza vuole più sicurezza, un
sistema più abile – costoso – del Galileo sarà messo in opera, se non è già sul
mercato. Non è un caso che è un’industria impermeabile al più piccolo briciolo
di democrazia e controllo.
Stranamente – ma non tanto,
avendo riguardo alla natura sempre deviata di queste strutture d’informazione – le intercettazioni non prevengono il crimine: gli attentati e gli assassinii di mafia – l’apparato
del terrore dei pizzo – né le stragi terroristiche, e neppure la formazione dei
movimenti terroristici, l’addestramento degli apparati, etc. Le intercettazioni
di “Fatima” non fanno testo: chi è Fatima? Sono strumenti non di legge né di
verità, ma di segreto. Di selezione dei reati da punire – di costituzione di
masse d’informazione nelle quali pescare per fini di parte. Servono a orientare
le indagini, quando si vogliono per qualche motivo tentare, o a documentarle
opportunamente. Le intercettazioni di per sé non producono altro: quelle in
massa o “a strascico”, che un accumulo di dati di cui opportunamente,
attraverso parole chiave, fare uso al bisogno.
La verità del ricatto
Sulle
intercettazioni, in particolare, ci sarebbe molto da ridire: artefatte,
selettive, tempestive sempre a fini ignoti. Perché riemergono oggi quelle di
Renzi che parla col vice-comandante della Finanza Adinolfi? Che erano già note.
Cioè: a metà aprile si rese noto che Adinolfi, che comandava la Finanza a
Firenze quando Renzi era sindaco, parlava al telefono con Renzi. Mossa
maldestra, si disse allora, dei giudici napoletani che avevano disposto le
intercettazioni – a Firenze? sei anni prima? È evidente che c’è un mercato
delle intercettazioni. Pagato oppure no, solo per fare carriera pregiudicando
gli altri, ma comunque c’è.
Lo
stesso evidentemente ora per l’aggiuntina, in cui Renzi dà del tu al generale.
In effetti fa cattiva impressione che il comandante della Finanza e il
presidente del consiglio, per di più separati dall’età, sia diano il tu. È
perché non passi inosservato questo particolare che si rispolverano anche le
insinuazioni sul conto di Napolitano e del figlio? Sì, e anche per far dire a
Renzi che Napolitano odiava Berlusconi – “il numero uno ce l’ha a morte con
Berlusconi” - dal quale era stata appena ricandidato al Quirinale. Nessun fine
di verità, né di giustizia, ma veleni molti, grazie alle intercettazioni.
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