L’originale di Trawny reca “cospirazione mondiale”. Ma il resto
c’è tutto, anche in questa bizzarra uscita in piena calura. Anche se
all’edizione francese già qualche mese fa Trawny aveva fatto in tempo ad
aggiungere una coda su Heidegger e Husserl. E i traduttori francesi, che hanno
optato per il titolo “Heidegger et l’antisémitisme”, evidenziavano sia l’uso
di”giudaismo” per ebraismo, sia la perfidia del mondialismo della
“cospirazione”.
Trawny, professore di filosofia in un’università di provincia
(Wuppertal), presidente dimissionario della Fondazione Heidegger, è l’editore
dei primi “Quaderni neri” di appunti del filosofo di Messkirch. Quelli dei
primi dieci anni da quando iniziò la pratica, fino al 1941 (ne tenne fino alla
morte nel 1976, in tutto 34 quaderni). Nei quali non tace l’avversione verso
gli ebrei, in varie forme. Ma questo si sapeva. Sempre mellifluo e molto
opportunista, corteggiatore di René Char nel dopoguerra, il poeta della
Resistenza in Francia, e di Paul Celan, il poeta dell’annientamento ebraico
(che però non se ne fidò), infine riabilitato dopo sei anni di ostracismo
universitario dalla devotissima Hannah Arendt, disposta a passare sopra a
tutto, senza mai chiedere scusa. L’uomo era quello che era: un provinciale
svevo, figlio del sacrestano, proiettato tra i baroni universitari e le
principesse di rango in fregola, seppure con famiglia, ma di preferenza si
sbatteva le allieve, carne giovane, tra esse la giovanissima Arendt. Furbo,
sussiegoso, nazionalista, e anche convinto nazista, per un non breve dodicennio
– come “tutti” del resto in
Germania..
La tesi di Trawny è accusatoria e assolutoria insieme. Heidegger
registra varie note antisemite, ma dell’“antisemitismo iscritto nella storia
dell’essere”. Negli anni 1938-1942, che Trawny ha editato. Ma anche dopo – il
termine Trawny, che evidentemente ha letto altri quaderni, lo mette nel
ritrovamento di Heidegger con Hannah Arendt, che è del 1950. Inoltre, Trawny
spiega che Heidegger è un fenomeno per la filosofia francese e italiana. Mentre
quella tedesca, passato un primo momento d’interesse, indotto dall’ermeneutica
di Gadamer, presto se ne è allontanata. Insomma, la Germania non ne è infetta.
Negli anni indiziati Heidegger avrebbe tralasciato la
fenomenologia e l’ontologia per l’approccio analitico. Da heideggeriano
eretico? Una parentesi? Ma cinque anni sono un’eternità per un filosofo maturo
e acclamato. L’ebraismo
rifiutando, nella sintesi di Trawny, in quanto modernità e tecnica. Un rifiuto
che, depurato dell’antisemitismo, sarebbe di per sé “colpa” grave. Ma Heidegger
non era un tradizionalista retrivo, cultore di folklore e storia patria.
“L’identificazione di ebraismo e modernità è stato un
cortocircuito per molti antisemiti europei”. No, è all’inverso che funziona. E
che dire del Dio di Heidegger-Trawny: “Nel Dio della creazione Heidegger ha
scorto una sorta di super-tecnico. E ha voluto inoltre vedere nella
predilezione per il politeismo greco una tendenza antitotalitaria del suo
pensiero”. No, Heidegger non era così semplicista. Ma era antisemita. Al
“monoteismo ebraico-cristiano” faceva risalire “i moderni sistemi di dittatura
totalitaria”, e questa è solo una scemenza – Hitler cristiano-ebraico? Oppure:
Hitler non era dittatore e non era totalitario.
Su questo non c’è solo da ridere: il nazismo va rivisto, la storia
è carente. Fu totalitario ma popolare, popolarissimo. Gli anni 1938-1942 in
particolare furono di vittorie in successione. Un trionfo anzi dopo l’altro.
Un’ubriacatura. Non è per caso che Heidegger si lascia andare, smettendo la
circospezione del villano.
Curiosamente, Trawny, come già Donatella Di Cesare, limitano la
discussione alla Fondazione, e alla filosofia accademica tedesca – nella quale
in effetti non c’è molto Heidegger. Le posizioni critiche in Francia e altrove
limitando a Farias e, più recentemente, a Faye. Trawny se ne fa comodo
bersaglio limitando Faye agli eccessi polemici – Heidegger ghostwriter di Hitler… Mentre ci sono critiche molto
“heideggeriane” a Heidegger, soprattutto in Francia, sottili, propositive più
che assertive, e radicali: la “questione” di Derrida, la rivisitazione di
Lacoue-Labarthe del nazismo di Heidegger già nel 1988, “La finzione del
politico”, dopo avere analizzato le resistenze di Celan al corteggiamento heideggeriano,
“La poésie comme expérience”.
Peter Trawny, Heidegger e il mito della cospirazione ebraica, Bompiani, pp. 151 €
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