La
foto rubata dagli inquirenti, di Lassaadi Briki, tunisino, e Mohammed
Waqas, pakistano, li mostra nello splendore di ogni fantasia da
immigrato, rilassati, curati, disinvolti, perfettamente integrati, a
fare liberamente la spesa. In una sorta di paradiso terrestre per
loro, se si conoscono gli ambienti di provenienza. E tuttavia il loro
sogno non è d’integrarsi ma di ferire in qualche modo chi li ha
ricevuti e “liberati”.
L’immigrazione
di questi anni non è come quella postbellica degli europei del Sud
verso l’Europa del Nord, o quella transatlantica un secolo-un
secolo e mezzo fa degli europei verso le Americhe. Quelle erano
emigrazioni intra-europee. Erano curate, con visti, biglietti, prenotazioni, richieste
eccetera. E soprattutto avvenivano all’interno di un mondo che, per
quanto si voglia diminuire il peso e il senso di Europa, condivideva
tutto, eccetto la ricchezza.
Gli immigrati andavano allora ad altre
“Europe”, con i quali avevano in comune, se non le classi dirigenti e il benessere, la moralità e i principi delle leggi. I “barconi” sono
un’immigrazione, benché vicina, e anzi quasi di frontiera, da un
altro mondo. Per secoli rancoroso, per ragioni di cultura storica e
politica più che di religione – come tale è anche avvertito,
nella percezione comune (non critica, ma sostanziale).
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