Iran – L’accordo sul nucleare è un
trionfo. Senza concedere nulla: niente più sanzioni, e la bomba fra dieci anni,
in cambio di niente. Un regime rinsaldato in perpetuità. Che non si nasconde la
volontà di potenza che già aveva animato lo scià. Ma più accorto politicamente,
nel controllo politico – anche violento, alla maniera dello scià, ma minuzioso,
costante - e dell’opinione. E come nel primo Iran, imperiale, antiarabo. Sotto
la veste dello sciismo contrapposto al sunnismo, ma più sotto la veste etnica.
Di un popolo di antichissima civiltà, e fondamentalmente (psicologicamente.
“linguisticamente”, tradizionalmente, eticamente anche) pacifico, contro le orde
aggressive del deserto – un millennio e mezzo non ha mutato i termini della
contesa.
L’accordo è stato festeggiato nelle piazze come
una liberazione, comportando la fine delle sanzioni, e quindi più ampi spazi di
scambio. Ma ha rafforzato il regime religioso, che è flessibile – dopo
Ahmadinejad viene Ruhani, e viceversa – e insieme inflessibile. Sapendosi
minoritario in un così grande paese, di così grande storia.
Lavoro – È il grande diversivo.
Rispetto al tempo libero e alla vita di famiglia o degli affetti, rinchiusi
ormai su what’s app, facebook etc. Fin dalla prima mattina – l’iphone ha
sostituito il Morgenmüffel e ogni
altro malumore dei bassi di pressione – e poi dopo: la giornata è scandita da
remoti interminabili approcci. Al lavoro invece, dove questo è proibito, si
puo’ anche conversare.
Mercato
- Il saldo è già per molti negativo dell’ideologia del mercato, e la percezione
diffusa. A causa della crisi, e non solo. Soprattutto in Europa, con frange
critiche consistenti anche in Cina.
La disillusione non è statisticamente
maggioritaria, anzi appare minoritaria. Ma perché il controllo che il mercato
(liberismo) ha dell’opinione pubblica èè praticamente totalitario. Servile
ancora, cioè volontario, anche contro l’evidenza. La crisi della Grecia e altre
economie “deboli”, come la distruzione
massiccia che la globalizzazione comporta - accanto alla grande ondata di
democratizzazione delle relazioni internazionali – o la”inesistenza”, a ogni
effetto pratico, di decine e centinaia di milioni di africani e asiatici.
Napoleone
– Era “il bandito corso” per gli inglesi. Che vissero l’avventura napoleonica
come una serie di sconfitte e di vittorie proprie. Tifando e anche combattendo
– in Calabria, attorno alla Sicilia, e nelle Fiandre. Non si fa la storia di
Napoleone dal punto di vista dell’Inghilterra. Che se non ne ha la memoria cattiva
come di Hitler poco ci manca.
L’Inghilterra non visse Napoleone come un
araldo di libertà – ne aveva in abbondanza – ma come un conquistatore senza scrupoli.
Ammettendone, sportivamente, le doti militari, come stratega in battaglia (ma
questo a anche dei Blitzkrieg
tedeschi), e nulla più. Dall’Egitto a Waterloo Napoleone fu per quasi vent’anni
un incubo per gli inglesi e non un eroe. Affrontato con uno spirito di
mobilitazione costante, specie nel Mediterraneo, ma anche nel continente, quan do i conflitti si avvicinavano alla Manica.
Obama – Si potrebbe dire il
presidente delle primavere, in Asia, in Africa, in Europa, ma sarebbe forse
eccessivo – d’ironia eccessiva. Acclamato, per il giovanilismo, il colore e
quale uomo di pace, non è piuttosto prigioniero di se stesso, della “grande
novità” di un presidente nero? Questo si può dire. Un Grande Capo che ha qualcosa da farsi perdonare dalla maggioranza. Forse per questo, cioè,
inefficiente e inefficace, in campo internazionale e interno. Il suo ruolo limitando al repairman, il buono a tutto - con un
pizzico in ogni cosa, anche sgradita, di buona volontà - e a nulla. Si è
lasciato riaccendere la questione razziale, che era morta da tempo, con una
serie di comportamenti facilmente sanzionabili. La sua gestione dei conflitti
in Nord Africa e Medio Oriente li ha invariabilmente aggravati. Non ha un
rapporto con l’Europa, a parte la comune sensibilità, non un rapporto politico.
Ha assistito inerte alla più grande offensiva “di mercato” della Cina, che si è
comprata mezza Europa, dopo l’Africa e un po’ di America Latina. Come se avesse
voluto non strafare, come la giovane età e la condizione minoritaria lasciavano
supporre, e perciò inutilmente conservatore.
L’accordo con l’Iran, ha ragione il governo
israeliano, apre una fase d’incertezza estrema, e di conflittualità: la
nuclearizzazione inevitabile del Medio Oriente, l’ultima cosa a cui un
qualsiasi altro governante del “mondo libero” si sarebbe piegato. Forse la più
grossa falla, sicuramente la più minacciosa, negli equilibri delicati della sicurezza collettiva.
Mentre si impegnava a fondo contro una Russia che non minaccia nessuno – per un
riflesso condizionato, per il vecchio schema della guerra fredda. Salvo
riconvertirsi, come ora sembra, a un approccio morbido. Dopo aver provocato e
consentito lo scempio dell’Ucraina. Patrocinando, finanziando e armando, in
funzione antirussa e in larga misura masochista, altre “primavere” incongrue,
di affaristi e capibanda.
Popolo – Si fa derivare dal pioppo,
per i romani entrambi erano “populus”, ma per una paretimologia, un’etimologia
falsa – i “populus” romani si distinguevano per il suono della prima sillaba,
lungo (pioppo) o breve (popolo), pare. Fu creazione romantica, di qualcosa che
non esiste: la poesia popolare, la saggezza popolare, la devozione popolare, e
altre categorie, produttrici di vaste bibliografie.
Il popolo fu costruito da Michelet, scrittore
immenso di storia, seguace di Vico. Ma è molte cose diverse. È la Brigata
Catanzaro, decimata dai Carabinieri, che sono anch’essi popolo. dopo un atto di
insubordinazione conseguente a dodici o sedici offensive senza mai un turno di
riposo sul Carso nel 1916-1917, più volte decimata in battaglia. O i soldati di
Sklovskij, il popolo affamato di pogrom contro gli ebrei. O i predoni di
Napoleone, che fanno piangere di vergogna i giovani ussari contadini nel
celebre racconto di guerra di Johanna Schopenhauer.
Anche Gramsci diffida del “feticismo
sentimentale per il «popolo»”.
astolfo@antiit.eu
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