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lunedì 27 luglio 2015

Il mondo com'è (224)

astolfo

Borghesia – In Italia si segnala per negarsi. Altrove in Occidente, in Francia, in Germania, e naturalmente in Inghilterra e negli Usa, nella cultura anglosassone, la borghesia si vanta, si vuole forte e virtuosa, in Italia si nega. Perché? Perché è figlia della manomorta, l’appropriazione dei beni ecclesiastici, una forma di furto, seppure garantito dall’anticlericalismo. E del fascismo, quello di Mussolini, e quello – costante in tutta la Repubblica – degli affari “camerali”, in corte chiusa, l’origine della corruzione così diffusa.

Germania – Oltre a quello imperialista e a quello  dittatoriale (fascista e comunista), poi universalmente deprecato, ha un nazionalismo sommesso che non ama le critiche, siano pure rispettose e a fin di bene. Un misto di verecondia e di cattiva coscienza, che però non ammette critica. Neppure in patria, neppure in camera caritatis.
La Germania ha una stampa volentieri irridente, e ha avuto e ha poeti, scrittori, registi, artisti spregiudicati e perfino cattivi, ma non li considera la coscienza della nazione. L’ode “Germania” di Brecht, 1933,  è l’abominio della Germania di Hitler, ma a causa di queste e altre abominazioni Brecht non è poeta popolare in Germania, un po’ come Heine. Per i più, anche di quello si deve  tacere, denunciarlo è antipatriottico.
Questa “buona coscienza” o unitarietà è l’aspetto che corrispondenti a Berlino, germanisti e ammiratori semplici più apprezzano della Germania. “Perché tutt’intorno gli oppressi ti esaltano, ma\ ti accusano gli oppressi”, nel 1933 un’accusa (di Brecht), è ora come prima una constatazione.

Manomorta – L’Italia è ne è la figlia – è tutta qui l’origine dei suo mali, si potrebbe arguire, polemicamente ma non senza ragione. Le leggi eversive non tralasciarono nulla, case, palazzi, opere d’arte, arredi, argenti, i banchi e le campane delle chiese, i libri, i mobili, con i terreni naturalmente, il censimento fu minuzioso. Di cui gli elenchi si sono perduti, certo. La vendita tuttavia si fece, anche questo è certo, senza beneficio per lo Stato, a gratis dicono a Roma. Grazie alle arti di Pietro Bastogi, il primo ministro delle Finanze dell’Italia unita, grande, grandissimo massone.
Nel 1861 Bastogi istituì il Gran Libro del debito pubblico, nel quale confluirono i debiti degli Stati preesistenti all’unificazione. Ma non gli attivi, gli immobili, gli arredi, le quadrerie, i terreni, dei principi, e dei principi della chiesa. In dieci anni, dal 1861 al 1871, il Gran Libro registrò un abbondante raddoppio del debito dell’Italia in rapporto al suo prodotto, dal 36 all’80 per cento.
C’è questa assurdità dietro il Risorgimento e i Savoia, per secoli codini e beghini: che l’Italia ha aggredito la chiesa per cinquant’anni, poi accordandosi, tardi, nel 1929, per pagare una magra congrua ai parroci. E una borghesia che sempre si nega, mz perché è nata, appunto, dalla manomorta.

Marx e Mazzini – Marx e Mazzini è uno dei misteri della storia: entrambi esuli, entrambi a Londra, Mazzini famoso, Marx sensibile alle carbonerie, non si parlano e non si citano. Anche Marx veniva dalle società segrete, senza dubbio, se si legge il formulario di adesione di una qualsiasi carboneria:
“1. Che cosa pensi del governo?
- Che tradisce il popolo e il paese.
2. In nome di quale interesse agisce?
- Quello di un piccolo numero di privilegiati.
3. Chi sono i privilegiati?
- Sono i banchieri, i sensali, i monopolisti, i grandi proprietari, gli aggiottatori, gli sfruttatori che si arricchiscono a danno del popolo.
…………………………………………………………………
13. Qual è la sorte dei proletari sotto il governo dei ricchi?
- La sorte del proletario è simile a quella del negro e del servo, la sua vita è un seguito di miserie, fatiche e sofferenze.
14. Qual è il principio di una società giusta?
- L’uguaglianza.
15. Bisogna fare una rivoluzione politica o sociale?
- Bisogna fare una rivoluzione sociale”.

Mccarthysmo – Antiamericano? Lillian Hellman rigirò l’accusa al senatore della crociata anti-liberal dei primi anni Cinquanta, e Joseph McCarthy dovete mandarla “assolta”, benché non abiurasse a niente e non facesse nessun nome di “complici”. Antiamericano disse l’autrice di “Piccole volpi” perché antidemocratico. Un ragionamento ineccepibile.
Il senatore perseguiva, col sostegno del Senato, i comunisti in quanto spie potenziali dell’Urss nella guerra fredda. Nominalmente. Di fatto perseguiva il dissenso. Hellman dovette rispondere in quanto compagna di Dashiell Hammett, comunista dichiarato, e in quanto autrice di due drammi di successo, che mettevano in scena le colpe degli Usa nella guerra contro Hitler, per non averlo osteggiato prima e anzi per averlo favorito. Hellman obiettò alla Commisisone di McCarthy il suo pieno diritto in quanto cittadina americana di parlare liberamente: che “non solo era mio diritto, ma mio dovere parlare e agire contro ciò che ritenevo sbagliato o pericoloso”, sintetizzerà la testimonianza nel libro di memorie “Il tempo dei furfanti”.
Analizzando retrospettivamente il mccarthysmo, lo dice una lucida manovra politica per sradicare ogni traccia del progressismo rooseveltiano anteguerra, e per costruire un solido fronte passionale anti-Urss, in Europa, in Corea e altrove in Asia. Ma lo addebita, così “volgare”, alla viltà dei molti, dentro e fuori la Commissione, che non erano nati in America, e non si erano mai veramente acclimatati, pur considerandosi cittadini american, mantenendo radicate piuttosto, nella nuova patria, le loro “paure straniere”, quelle che li avevano portati all’emigrazione.   

Fu il trionfo del pentitismo, al Congresso sa, culla e sede delle moderne democrazie, non negli angiporti di una questura: fai un nome e sei salvo. L’Inquisizione non chiedeva tanto.

Moro – Il delitto più certo della storia della Repubblica resta inspiegato. Anche sul piano giuridico, dei processi: i quattro-cinque processi Moro si sono attardati ad allargare o restringere la rete delle condanne, senza mai accertare il perché, un perché, dell’assassinio. Mentre gli analoghi processi per piazza Fontana e Brescia, seppure anche loro altalenanti, hanno tentato di dire le motivazioni.Si vuole che dell’assassinio di Moro si è acertatyo tutto, e invece non si è accertato l’essenziale. Ma soprattutto sul piano storico, della morte di Moro non si sa nulla. Cioè  si sa, ma non si spiega, nessuno stoico ci si avventura. Di un fatto così impressionante, anche condizionante nella storia, se ne occupano uno storico modernista, specialista del Cinquecento, di eresie e streghe, Gotor (“Lettere dalal prigionia”, 2008, “Il memoriale della Repubblica”, 2011), e uno “alternativo”, Clementi (“La pazzia di Moro”, 2001, “La storia delle Br”). Gotor, come onorevole in petto del Pd, per menarla in largo - la sua questione è il ruolo di Prospero Gallinari, se era lui oppure no, a trascrivere testi e memoriali calligrafi di Moro alla Lettera 22, e come e perché. Clementi per ribadire il gioco delle parti, che Moro per salvarsi accusava la Dc, e la Dc per salvarsi lo abbandonò. E il Pci? E le Br? E come fu organizzato l’agguato? Sì, la sorpresa, ma gli appostamenti,  pedinamenti, la logistica, le armi perfettamente funzionanti, come al cinema? Il mancato ritrovamento del covo, la mancata trattativa? Moro è l’unico rapito nella storia della Repubblica per il quale non è stato aperto un contatto, uno su alcune migliaia. E le carte trafugate naturalmente, sepolte, ritrovate – manipolate, censurate? L’uomo è stato ridotto a icona - in tasca “l’Unità”…  – e nient’altro, un santino: non si legge, non si studia, non si analizza, anche se ha avuto una vita politica pubblica densa. Le “Lettere” Gotor non ha nemmeno contestualizzate, come fossero un vecchio repertorio, quando usavano, delle lettere d’amore.
Gli stessi brigatisti più impegnati in prima persona con la prigionia e l’esecuzione di Moro, si mostrano disorientati: loro non erano partiti col progetto di uccidere Moro. Erano certi che se ne sarebbero in qualche modo liberati. Ufficialmente, il governo non si impegnò per salvarlo per non dare credito alle Br. Ma via Fani, la lunga prigionia, e la stessa esecuzione di Moro segnarono un picco di adesioni brigatiste. “La storia delle Brigate Rosse “ di Marco Clementi dà, dopo l’uccisione di Moro, il massimo storico di adesioni e il maggior numero di attentati - ma già dal 1980 ne registra l’avvio della parabola discendente (sarebbe stato lo stesso con Moro vivo? sì). 
Molto si è scritto e si scrive di Gladio, l’organizzazione paramilitare anticomunista Nato, col sottinteso di collegarc un giorno tutto il sovversivismo italiano, comprese le Brigate Rosse (senza considerare che di Gladio si sa e si dice solo quello che Andreotti volle si sapesse contro il suo avversario del momento, Cossiga). Di collegarlo con la Cia, il sovietismo non è morto in Italia. Ma del perché Moro non fu salvato, non si tentò nemmeno di salvarlo, zero.
Gotor in particolare, nell’ultima fatica prima dell’“ascesa in politica”, “Il Memoriale della Repubblica”, limita l’indagine “interna” alla partita Moro-Dc nei due mesi della prigionia, con i contendenti impegnati a screditarsi, Moro per salvarsi, la Dc (tutta) per difendersi da Moro - lo stesso fa lo storico suo contendente, Marco Clementi, “La pazzia di Moro”. Ma la Dc non ha ucciso nessuno. Eccetto appunto Moro. E non sappiamo perché. Andreotti, il capo del governo che non trattò, era un cinico, e contro Moro aveva sparato parecchie cannonate. Ma anche lui non ha mai ucciso nessuno - troppo cinico per questo, un pesce freddo sempre calcolatore. 

astolfo@antiit.eu 

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