Borghesia – In Italia si segnala per negarsi.
Altrove in Occidente, in Francia, in Germania, e naturalmente in Inghilterra e
negli Usa, nella cultura anglosassone, la borghesia si vanta, si vuole forte e
virtuosa, in Italia si nega. Perché? Perché è figlia della manomorta, l’appropriazione
dei beni ecclesiastici, una forma di furto, seppure garantito dall’anticlericalismo.
E del fascismo, quello di Mussolini, e quello – costante in tutta la Repubblica
– degli affari “camerali”, in corte chiusa, l’origine della corruzione così
diffusa.
Germania – Oltre a quello imperialista e a
quello dittatoriale (fascista e
comunista), poi universalmente deprecato, ha un nazionalismo sommesso che non
ama le critiche, siano pure rispettose e a fin di bene. Un misto di verecondia
e di cattiva coscienza, che però non ammette critica. Neppure in patria, neppure
in camera caritatis.
La Germania ha
una stampa volentieri irridente, e ha avuto e ha poeti, scrittori, registi,
artisti spregiudicati e perfino cattivi, ma non li considera la coscienza della
nazione. L’ode “Germania” di Brecht, 1933,
è l’abominio della Germania di Hitler, ma a causa di queste e altre
abominazioni Brecht non è poeta popolare in Germania, un po’ come Heine. Per i
più, anche di quello si deve tacere, denunciarlo
è antipatriottico.
Questa “buona
coscienza” o unitarietà è l’aspetto che corrispondenti a Berlino, germanisti e
ammiratori semplici più apprezzano della Germania. “Perché tutt’intorno gli
oppressi ti esaltano, ma\ ti accusano gli oppressi”, nel 1933 un’accusa (di
Brecht), è ora come prima una constatazione.
Manomorta – L’Italia è ne è la figlia – è tutta
qui l’origine dei suo mali, si potrebbe arguire, polemicamente ma non senza
ragione. Le leggi eversive non tralasciarono nulla, case, palazzi, opere
d’arte, arredi, argenti, i banchi e le campane delle chiese, i libri, i mobili,
con i terreni naturalmente, il censimento fu minuzioso. Di cui gli elenchi si
sono perduti, certo. La vendita tuttavia si fece, anche questo è certo, senza
beneficio per lo Stato, a gratis dicono a Roma. Grazie alle arti di Pietro
Bastogi, il primo ministro delle Finanze dell’Italia unita, grande, grandissimo
massone.
Nel 1861 Bastogi
istituì il Gran Libro del debito pubblico, nel quale confluirono i debiti degli
Stati preesistenti all’unificazione. Ma non gli attivi, gli immobili, gli
arredi, le quadrerie, i terreni, dei principi, e dei principi della chiesa. In
dieci anni, dal 1861 al 1871, il Gran Libro registrò un abbondante raddoppio
del debito dell’Italia in rapporto al suo prodotto, dal 36 all’80 per cento.
C’è questa
assurdità dietro il Risorgimento e i Savoia, per secoli codini e beghini: che
l’Italia ha aggredito la chiesa per cinquant’anni, poi accordandosi, tardi, nel
1929, per pagare una magra congrua ai parroci. E una borghesia che sempre si
nega, mz perché è nata, appunto, dalla manomorta.
Marx e Mazzini – Marx e Mazzini è uno dei
misteri della storia: entrambi esuli, entrambi a Londra, Mazzini famoso, Marx
sensibile alle carbonerie, non si parlano e non si citano. Anche Marx veniva
dalle società segrete, senza dubbio, se si legge il formulario di adesione di
una qualsiasi carboneria:
“1. Che cosa
pensi del governo?
- Che tradisce
il popolo e il paese.
2. In nome di
quale interesse agisce?
- Quello di un
piccolo numero di privilegiati.
3. Chi sono i
privilegiati?
- Sono i
banchieri, i sensali, i monopolisti, i grandi proprietari, gli aggiottatori,
gli sfruttatori che si arricchiscono a danno del popolo.
…………………………………………………………………
13. Qual è la
sorte dei proletari sotto il governo dei ricchi?
- La sorte del
proletario è simile a quella del negro e del servo, la sua vita è un seguito di
miserie, fatiche e sofferenze.
14. Qual è il
principio di una società giusta?
- L’uguaglianza.
15. Bisogna fare
una rivoluzione politica o sociale?
- Bisogna fare
una rivoluzione sociale”.
Mccarthysmo
– Antiamericano?
Lillian Hellman rigirò l’accusa al senatore della crociata anti-liberal dei
primi anni Cinquanta, e Joseph McCarthy dovete mandarla “assolta”, benché non
abiurasse a niente e non facesse nessun nome di “complici”. Antiamericano disse
l’autrice di “Piccole volpi” perché antidemocratico. Un ragionamento
ineccepibile.
Il senatore perseguiva, col
sostegno del Senato, i comunisti in quanto spie potenziali dell’Urss nella
guerra fredda. Nominalmente. Di fatto perseguiva il dissenso. Hellman dovette
rispondere in quanto compagna di Dashiell Hammett, comunista dichiarato, e in
quanto autrice di due drammi di successo, che mettevano in scena le colpe degli
Usa nella guerra contro Hitler, per non averlo osteggiato prima e anzi per
averlo favorito. Hellman obiettò alla Commisisone di McCarthy il suo pieno
diritto in quanto cittadina americana di parlare liberamente: che “non solo era
mio diritto, ma mio dovere parlare e agire contro ciò che ritenevo sbagliato o pericoloso”,
sintetizzerà la testimonianza nel libro di memorie “Il tempo dei furfanti”.
Analizzando retrospettivamente il
mccarthysmo, lo dice una lucida manovra politica per sradicare ogni traccia del
progressismo rooseveltiano anteguerra, e per costruire un solido fronte
passionale anti-Urss, in Europa, in Corea e altrove in Asia. Ma lo addebita,
così “volgare”, alla viltà dei molti, dentro e fuori la Commissione, che non
erano nati in America, e non si erano mai veramente acclimatati, pur
considerandosi cittadini american, mantenendo radicate piuttosto, nella nuova
patria, le loro “paure straniere”, quelle che li avevano portati
all’emigrazione.
Fu il trionfo del pentitismo, al
Congresso sa, culla e sede delle moderne democrazie, non negli angiporti di una
questura: fai un nome e sei salvo. L’Inquisizione non chiedeva tanto.
Moro – Il delitto
più certo della storia della Repubblica resta inspiegato. Anche sul piano
giuridico, dei processi: i quattro-cinque processi Moro si sono attardati ad
allargare o restringere la rete delle condanne, senza mai accertare il perché,
un perché, dell’assassinio. Mentre gli analoghi processi per piazza Fontana e
Brescia, seppure anche loro altalenanti, hanno tentato di dire le
motivazioni.Si vuole che dell’assassinio di Moro si è acertatyo tutto, e invece
non si è accertato l’essenziale. Ma soprattutto sul piano storico, della morte
di Moro non si sa nulla. Cioè si sa, ma
non si spiega, nessuno stoico ci si avventura. Di un fatto così impressionante,
anche condizionante nella storia, se ne occupano uno storico modernista,
specialista del Cinquecento, di eresie e streghe, Gotor (“Lettere dalal
prigionia”, 2008, “Il memoriale della Repubblica”, 2011), e uno “alternativo”,
Clementi (“La pazzia di Moro”, 2001, “La storia delle Br”). Gotor, come
onorevole in petto del Pd, per menarla in largo - la sua questione è il ruolo
di Prospero Gallinari, se era lui oppure no, a trascrivere testi e memoriali
calligrafi di Moro alla Lettera 22, e come e perché. Clementi per ribadire il
gioco delle parti, che Moro per salvarsi accusava la Dc, e la Dc per salvarsi
lo abbandonò. E il Pci? E le Br? E come fu organizzato l’agguato? Sì, la
sorpresa, ma gli appostamenti,
pedinamenti, la logistica, le armi perfettamente funzionanti, come al cinema?
Il mancato ritrovamento del covo, la mancata trattativa? Moro è l’unico rapito
nella storia della Repubblica per il quale non è stato aperto un contatto, uno
su alcune migliaia. E le carte trafugate naturalmente, sepolte, ritrovate –
manipolate, censurate? L’uomo è stato ridotto a icona - in tasca
“l’Unità”… – e nient’altro, un santino:
non si legge, non si studia, non si analizza, anche se ha avuto una vita
politica pubblica densa. Le “Lettere” Gotor non ha nemmeno contestualizzate,
come fossero un vecchio repertorio, quando usavano, delle lettere d’amore.
Gli stessi brigatisti più
impegnati in prima persona con la prigionia e l’esecuzione di Moro, si mostrano
disorientati: loro non erano partiti col progetto di uccidere Moro. Erano certi
che se ne sarebbero in qualche modo liberati. Ufficialmente, il governo non si
impegnò per salvarlo per non dare credito alle Br. Ma via Fani, la lunga
prigionia, e la stessa esecuzione di Moro segnarono un picco di adesioni
brigatiste. “La storia delle Brigate Rosse “ di Marco Clementi dà, dopo
l’uccisione di Moro, il massimo storico di adesioni e il maggior numero di
attentati - ma già dal 1980 ne registra l’avvio della parabola discendente
(sarebbe stato lo stesso con Moro vivo? sì).
Molto si è scritto e si scrive di
Gladio, l’organizzazione paramilitare anticomunista Nato, col sottinteso di
collegarc un giorno tutto il sovversivismo italiano, comprese le Brigate Rosse
(senza considerare che di Gladio si sa e si dice solo quello che Andreotti
volle si sapesse contro il suo avversario del momento, Cossiga). Di collegarlo
con la Cia, il sovietismo non è morto in Italia. Ma del perché Moro non fu
salvato, non si tentò nemmeno di salvarlo, zero.
Gotor in particolare, nell’ultima
fatica prima dell’“ascesa in politica”, “Il Memoriale della Repubblica”, limita
l’indagine “interna” alla partita Moro-Dc nei due mesi della prigionia, con i
contendenti impegnati a screditarsi, Moro per salvarsi, la Dc (tutta) per
difendersi da Moro - lo stesso fa lo storico suo contendente, Marco Clementi,
“La pazzia di Moro”. Ma la Dc non ha ucciso nessuno. Eccetto appunto Moro. E
non sappiamo perché. Andreotti, il capo del governo che non trattò, era un
cinico, e contro Moro aveva sparato parecchie cannonate. Ma anche lui non ha
mai ucciso nessuno - troppo cinico per questo, un pesce freddo sempre
calcolatore.
astolfo@antiit.eu
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