E
adesso? È presto per dirlo. Di sicuro si troverà una soluzione per il problema
Grecia. Ma niente sarà come prima.
Il no di
Atene è la prima sconfitta di Angela Merkel: nei suoi quasi dieci anni di
governo non ne aveva subita nessuna, non in patria e tantomeno in ambito Ue. La
sua prima mossa, cercare l’intesa con la Francia, non esprime voglie di
rivincita – buttare la Grecia fuori dalla Ue – ma di un compromesso onorevole.
Che le consenta di continuare a governare l’Europa senza diventare il bersaglio
della destra tedesca.
La prima
reazione tedesca – fuori la Grecia – è scontata nella destra, la Csu e i
Liberali. Ma una quasi maggioranza in Germania si è subito manifestata per un
accordo onorevole: i Verdi, la Linke naturalmente, e soprattutto i
socialdemocratici, stampella del governo Merkel, che nella reazione al referendum
sembrano infine riemergere da quasi due anni di apnea. La Cdu, il partito di
maggioranza relativa, e cioè la stessa Mrkel, sta a guardare dove di spostano i
pesi.
Il
ripensamento socialdemocratico dovrebbe trovare echi nel raggruppamento
socialista e democratico a Strasburgo. E in primo luogo in Francia. Hollande,
che ha per la prima volta tentato di smarcarsi da Angela Merkel proprio sul
referendum, potrebbe insistere per una risposta non punitiva. Un compromesso è
la richiesta italiana, per quello che pesa.
Hollande
e Renzi, e anche i socialdemocratici tedeschi, rischiano di essere spazzati via
dal riflusso politico che si annuncia veemente in tutta Europa contro la
gestione della crisi economica – Renzi dice: o si
riforma tutto o la Ue finisce qui, ma senza credibilità, lo dice stasera al contrario di ieri, e probabilmente senza nemmeno crederci (oppure sì? i sondaggi lo danno sotto Grillo, e i sondaggi non sono di buon
auspicio).
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