domenica 12 luglio 2015

La scoperta di san Brendano

Un’edizione critica, che si segnala per la voluminosa introduzione dei due medievisti di Milano (Guglielmetti ha completato la ricerca di Orlandi, incompiuta alla sua morte), sulla numerosissime edizioni e la diffusione dell’opera, nonché sulle varianti. E sui vari tentativi di decifrazione: viaggio nell’aldilà, viaggio interiore o dell’anima, scoperta dell’America (non poteva mancare)? Il centinaio di pagine del viaggio fantastico del santo monaco irlandese, in latino e in italiano, redatto da ignoto un paio dei secoli – almeno - dopo la sua morte, è preceduto da una ricostruzione filologica lunga tre volte tanto.
Questi “viaggi” sono in realtà “visioni”, frequenti in tutti i conventi, almeno fino al tredicesimo secolo. E sono consolazioni: il monaco, solitario, si rappresenta gli esiti delle sue rinunce. Alessandro D’Ancona ne “I precursori di Dante” ne rintraccia un’infinità. Questa di san Brendano si è imposta e si ripropone, riedita costantemente in Italia nell’ultimo mezzo secolo, nel quadro del revival celtico. E come un’opera insieme di poesia, di scoperta, e di salvezza.
Umberto.Eco, che ne stato tra i primi lettori contemporanei, lo fa un viaggio vero, per mare, e non una visione o viaggio dell’anima, “con gli altri monaci del suo monastero alla ricerca della dimora dei beati”, nel genere celtico degli imrama, i viaggi per mare. D’Ancona lo inquadra più realisticamente nelle visioni” riconfortanti dell’aldilà, preferendogli peraltro altri viaggi irlandesi analoghi, il “Viaggio di Tundalo” e il “Purgatorio di san Patrizio”, o il Pozzo.
Giovanni Orlandi, Rossana E. Guglielmetti, Navigatio sancti Brendani, Edizioni del Galluzzo (Fondazione Ezio Franceschini) pp. CCC + 216, s.i.p.

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