Si
elogia Obama per l’accordo sull’Iran e la levata delle sanzioni, dopo la levata
dell’embargo su Cuba. Come uomo di pace, con successo. Ma, se l’embargo su Cuba
era uno scandalo, l’accordo con l’Iran poteva essere migliore, molto migliore.
Senza assecondare cioè la politica di potenza, di cui l’Iran degli ayatollah si
compiace come già lo scià, nell’Arco della Crisi, fino al subcontinente
indiano, e nel mondo islamico. C’erano ampi margini per evitare di avallare,
seppure a termine, dieci anni, la proliferazione nucleare in Iran.
Le
critiche del governo israeliano sono solo doverose. Da un punto di vista
geopolitico, si può anche argomentare che Israele e Iran sono destinati a
marciare di conserva, come già in passato, avendo in comune lo stesso nemico,
il mondo arabo. Ma questo solo in via ipotetica: a lungo gli ayatollah hanno
sostenuto l’arabismo più radicale.
L’accordo
voluto da Obama comunque scuoterà il Medio Oriente. L’Arabia Saudita subito, ma
anche altri potentati arabi non si sentiranno sicuri col predominio iraniano
nel Golfo.
Obama
non ha chiuso ma aperto un’area di turbolenze – non è nuovo a errori del
genere, vedi le “primavere arabe”, fino alla Siria e all’Is. Le reazioni in
India e nel mondo arabo ne danno già chiara indicazione.
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