mercoledì 1 luglio 2015

Secondi pensieri - 221

zeulig

Capitalismo – Il saggio celebrato di Max Weber sull’origine protestante del capitalismo non dice che la religione ha influito sull’economia, né il contrario – è uno dei tanti saggi che nella Belle Époque tedesca usarono sulle “origini” del capitalismo, tra il 1870 e la Grande Guerra, tutti i grandi sociologi ne hanno almeno uno. Non è un saggio sull’origine, ma sull’evoluzione del capitalismo,  su un certo tipo di capitalismo. Dice solo che un ethos, quello del puritano laborioso, ascetico, risparmiatore, e leale negli affari, è un equivalente costruito (una maschera) del calvinista. Una figurazione intesa da Max Weber stesso, a tratti, con simpatia: la “razionalità” in affari che se ne deduce, seppure con contributo minimo di Weber, ne è una derivazione - sociologicamente, è come se Weber dicesse che un certo protestantesimo si è appropriato del capitalismo, confuso con la razionalità..
Al calvinismo, e allo stesso puritanesimo, in Inghilterra, negli Usa, inappropriatamente si fa risalire il capitalismo, che comunque preesisteva di alcuni secoli. Quello controriformistico, per esempio, di san Carlo Borromeo tignoso fin nelle più remote parrocchie della sua diocesi milanese, è altrettanto produttivo, se non di più. Con più convinzione lo stesso Weber aveva legato, in un’altra opera su capitalismo e protestantesimo, l’accumulazione tedesca piuttosto al pietismo, un culto luterano molto prossimo al cattolicesimo.
Il vero saggio sul capitalismo protestante e quello cattolico è “Il pranzo d Babette”, il racconto di Karen Blixen e il film di Gabriel Axel.  Nel solco di un’altra traccia delle “origini” del capitalismo, da Mandeville a Sombart, che lo lega al lusso, alla spesa suntuaria, in eccesso sul bisogno.

Indizi – Non conducono a niente, né nella pratica legale (poliziesca), né in quella medica, dalle quali derivano. Nella storia sono pietre d’inciampo, non catene causali - lo sapeva già Conan Doyle, che inventò Sherlock Holmes, il principe degli indizi, da medico, non brillante.
L’indizio può agire da stimolo, ma uno tra i tanti. Dipende da troppe circostanze, e quindi è casuale invece che causale. In medicina dall’anamnesi. Nella pratica legale e di polizia anche dall’umore dell’inquirente - e gaddianamente da prima o dopo il pranzo. Apre una serie di incroci, come sa l’appassionato di fantasy, di sliding doors.  

Logica – Ne resta poca, dopo i tanti esercizi di logica. A meno che non si annetta Wittgenstein, il suo demolitore: l’assunto che non vi sono “pensieri” illogici è di una logica stringente.
Resta da decidere se la logica può fare a meno dei “pensieri”, come argomentava lo stesso Wittgenstein, per risolversi nella scrittura, la proposizione, l’elaborazione, orale e anche scritta. Ma allora “automatica” – non pensata? Wittgenstein surrealista non sarebbe male come traccia.
È pure vero che si fa logica anche al bar e al mercato, che non vi sono “pensieri” illogici – che è tutt’altro che negare la logica.

Memoria - Tim Parks sulla “New York Review of Books” arguisce che pretendere di “possedere” un libro è pericoloso e comunque dannoso: impoverisce il libro. Quale libro? Il romanzo, forse. Ma  la storia, la filosofia, per non dire il manuale di economia, di fisica, di chimica? Il ragionamento dello scrittore inglese – che peraltro lo argomenta col paradosso - meglio si applica, o si applica invece, alla memoria. Al libro in rapporto alla memoria.
Parks concede qualcosa a Nabokov, a una citazione di Nabokov trovata su internet, cioè al Flaubert che Nabokov cita. “Come si sarebbe sapienti se solo si conoscessero bene cinque o sei libri”. Che Nabokov articola come segue: “La conoscenza, anche la saggezza, giace in profondità, non in estensione. Il libro, insieme complesso e infinitamente aperto alle rivisitazioni, consente ala mente un atto di controllo prodigioso. Piuttosto che sottometterci a un flusso di informazioni, in preda a ogni precario momento di una singola lettura, possiamo gradualmente arrivare a possedere, anzi a memorizzare, l’opera fuori del tempo”.
Tim Parks argomenta partendo da “Forgetting”, il nuovo libro dello scrittore olandese Douwe Draaisma: le nostre immediate memorie visuali “possono produrre stimoli per non più di una frazione di secondo”. Un limite che ci infastidisce, dice Draaisma, perché siamo generalmente incoraggiati “a immaginare la memoria come la capacità di preservare qualcosa, preferibilmente tutto, del tutto intatto”.
Il che, però, avviene, di fatto: non c’è altro che la memoria.  

Peccato – È in dissoluzione. Il papa Francesco ha problemi a connotarlo  - il suo predecessore Benedetto XVI ne restò confuso, e forse per questo ha gettato la spugna. Se la prende ora con la mafia ora con la corruzione per tenersi aggiornato ma si vede che annaspa. La corruzione è roba di legge. La mafia, in teoria, pure. Altri terreni non rispondono. Il sesso in particolare è scaduto, non c’è peccato se non di pedofilia - i femminicidi naturalmente sono reati, e gli stupri.. 
Anche l’indignazione è scaduta. Si prenda la “casta”, oggetto di  molte denunce. Che però sono opera di altre caste. O le “spese folli” dei consiglieri regionali, che invece sono scontrini fiscali ramazzati ovunque, anche per terra, perché così era “prescritto”: dal momento che, sotto la presidenza Violante della Camera de Deputati,  le “spese” hanno raddoppiato mensilmente la retribuzione di rappresentante pubblico senza giustificativo” - giusto degli scontrini qualsiasi, ai fini delle detrazioni fiscali in conto spese degli enti eroganti, le Camere, i consigli regionali.

Popper - La “società aperta” l’ha dimenticato, lui che ne è stato l’oracolo. O questa non  è la sua società aperta. I vent’anni dalla morte sono passati nel silenzio, nessuna celebrazione, nessuna rilettura. Solo George Soros lo richiama, uno speculatore, non il migliore testimone.

Ritorno – È ben una ripartenza. A volte in senso calcistico, come uno svelto contrattacco. L’eterno ritorno come un’eterna ripartenza dunque. Con l’angelo della storia voltato all’indietro per meglio slanciarsi in avanti.

Scienza – S’intende che sia neutra, e forse lo è stata fino a Galileo, a Newton – per quanto… Di più lo è stata paradossalmente quella applicata, essenzialmente medica e biologica, di Semmelweiss, i Curie, lo stesso Sabin.
Quella applicata non può essere neutra per definizione - finanziamento, progettualità, finalità. Quella teorica non era asettica in passato, comportando visioni e filosofie del mondo, e non può esserlo da quando è diventata emanazione degli Stati.
Il quasi Nobel al fisico teorico Giorgio Parisi negato da Stoccolma sulle referenze negative dei fisici italiani ne è paradigma. Politicamente Parisi, allora all’estrema sinistra, era inviso alla fisica istituzionale, tutta solidamente democristiana, ancorché libertina e atea, per una questione di potere. Ma di più ha pesato il pressing per tenere le porte del Nobel aperte ai “particellari” e ai loro costosissimi acceleratori, col Nobel a Rubbia e agli altri del Cern: una ricerca scientifica che spende ogni anno centinaia di milioni, e forse qualche miliardo.  

zeulig@antiit.eu 

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