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martedì 28 luglio 2015

Secondi pensieri - 225

zeulig

Amore – Si vuole, si cerca, assoluto. Mentre è sempre mancante, inevitabilmente: è una ricerca. Inesauribile, cioè intimamente incompleto.

Memoria – “È  il tempo stesso che rende il tempo indistinto”, Lillian Hellman s’interrompe a metà del racconto “Una donna  segreta” per riflettere.

Ozio - “Temiamo le pause”, titola “La lettura” opportunamente un saggio di Donatella Di Cesare sulla rincorsa del tempo. È il nostro modo di essere, in affanno sempre, e per riempire  le pause di più, spiando la posta elettronica e la messaggistica, navigando per facebook, divertendosi con twitter, dialogando con what’s app, insistenti, interminabilmente. L’ozio è desueto. Di più, è urticante, angosciante, deprimente. Invece di ricaricare le batterie le scarica definitamente.
“Sogniamo di poter sconfiggere una volta per tutte quel «tiranno» che ci incalza”, scrive la filosofa, “vagheggiamo di abolirlo. Ci sentiamo a nostro agio nell’atmosfera atemporale prodotta dalla nuova civiltà delle 24 ore su 24, dove non è prevista chiusura e l’orologio è bandito: dai supermarket non-stop al 24-hours, dai notiziari televisivi al flusso continuo della rete”. O non a disagio? “Qui si perde il senso del tempo”, continua la filosofa, “che sembra dilatarsi, mentre saltano i limiti degli orari”.
È una perdita, è così. Il tempo lo aboliamo – “non c’è tempo” sarebbe il nostro intercalare, se ancora ci pensassimo, se del tempo perduto facessimo un problema – di fatto, segretamente scontenti di averlo fatto.

È stato, non dichiarato e non celebrato, neppure postumo, il segno del Sessantotto. La scoperta del tempo, limitato, da sfruttare e godere – non eccezionale, ma andava fatta. La libertà non era tanto dalle costrizioni (istituzioni, gerarchie, famiglie), quando di muoversi, conoscersi, pensare, o non pensare.

Potere – L’anarchia ne è una delle forme. Esplicitata, anche se non detta, in Jünger, ma non d’autore: l’eversione in genere è una ricerca di assoluto. Ci sono delle forme, del potere come della verità, che si riconformano a ogni assalto, anche dall’interno, anche il più distruttivo.

Puritanesimo – Si associa con la libertà. Ma dei puritani dice Katherine Ann Porter, la storica di Cotton Mather, il prolifico teologo “creatore “ del puritanesimo fondativo della patria americana: “Niente di più falso che i puritani cercassero la libertà religiosa in questo paese. L’idea della libertà politica e religiosa vi penetrò malgrado loro”.
Nonché illiberali, i puritani non erano, non sono, comunità di fede, chiesastica.

Radici – Lo scrittore Corrado Alvaro, “Memoria e vita”,  lega il senso vitale della vita all’infanzia, e quindi alle radici, familiari, culturali, etniche: “Avevo passato dieci anni in quel mucchio di case presso il fiume”, ricorda del paesino natio, San Luca, “sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti verso il mare, i primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei più vasti e lunghi e popolati”.

Sovranità -  Alessandro Passerin d’Entrèves potrebbe storcere il naso, ma il Prefetto incarna la sua elegante “Dottrina dello Stato”: la forza mista all’autorevolezza, l’Auctoritas, la romana legittimazione. Nel caso almeno dell’Italia: la legittimazione che all’Italia sempre è mancata, argomentava l’illustre studioso nell’ultima prolusione a Oxford, per avere i Savoia e i loro aiutanti scambiato i bastoni per briscola: “I governanti dell’Italia unita sembrano aver provato più paura da dentro che da fuori”. E hanno lasciato fuori dallo Stato la chiesa e i lavoratori, si volevano legittimare con la polizia.
Ma non solo l’Italia: la sovranità nazionale non esiste - come per la giumenta di Orlando è il suo solo difetto: si fa e si disfa, è una tela di Penelope. 

Tempo - E’ un nostro costituente, della vita umana? Come potrebbe non esserlo?

Verità - “Chi ai nostri giorni vuole scrivere la verità ha da superare almeno cinque difficoltà”, scriveva Brecht nel 1934 (il testo, “Cinque difficoltà per chi scrive la verità”, è stato tradotto dal primo numero di “Classe operaia”, gennaio 1964).
“Deve avere:
il coraggio di scrivere la verità
l’accortezza di riconoscere la verità
l’arte di rendere la verità maneggevole come un’arma
il giudizio di scegliere coloro nelle cui mani la verità diventa efficace”
la scaltrezza di propagarla verità fra molti”.
Poesia? Anche. Dunque: la verità vuole arte, accortezza, scaltrezza, maneggevolezza, efficacia, e deve fare male.

zeulig@antiit.eu

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