Un altro letterato-editore, dopo René de
Ceccaty, si esercita narrativamente su Sibilla Aleramo, la divorante, di uomini e di donne. Mancando l’essenziale,
che forse ne avrebbe fatto un soggetto romanzesco: la volagerie e il carrierismo. Troppi amori istantanei con personaggi
incongrui, Papini, Evola, lo stesso Campana, il più famoso di tutti, e subito
dopo dimenticati. Insieme a tanti giovani e giovanissimi presi e lasciati, che
invece lasciavano il segno. Giulio Parise è uno di questi.
È la storia di Sibilla con Parise che
Caltabellota esuma, che la stessa Aleramo aveva celebrato a caldo, appena un
anno dopo la breve relazione, in “Amo, dunque sono”, l’ennesimo selfie ornato di svenevolezze
pensierose. Parise, vicentino, era una sorta di gigolò allumeur: si esibiva ma non faceva l’amore. “strano personaggio”, lo dice René de Ceccaty, altro
scrittore-editore ammaliato dalla Sibilla, “gigolò mistico che rifiuta qualsiasi
contatto carnale con lei”. Un caso di voyeurismo,
di orgasmo del pensiero. Amico e discepolo di Evola, era l’amante casto
dell’amante di Evola, la marchesa Livia Piccardi. Una donnina tutta pepe a sua
volta molto allumeuse – ci provò
anche con Sibilla, volteggiandole attorno nuda eccetera. Poi le affiderà il suo
“amante” Giulio, proponendone uno strip-tease per saggiarne le qualità. Ma lo
spogliarello viene interrotto prima di cominciare da Sibilla, che si è già
innamorata delle qualità intellettuali del giovane.
Una storiaccia, nemmeno salace, da
romanzo francese Fine Secolo, il vero brodo di cultura di Aleramo. Caltabellota
la usa per ricostituire l’ambiente romano primi anni 1920 attorno a Evola, con
personaggi, circoli, giornali ora dimenticati ma allora nelle cronache. Un filone
esoterico che fu molto robusto, ma è sempre trascurato nelle storie, culturali
e politiche.
Simone
Caltabellota, Un amore degli anni Venti,
Ponte alle Grazie, pp. 248 € 15
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