mercoledì 5 agosto 2015

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (253)

Giuseppe Leuzzi

Paginate dei giornali locali, da Napoli in giù, sul piagnisteo di Renzi – “faremo qualcosa per il Sud ma smettiamola di piangerci addosso. Però: avere miliardi da spendere e non saperli spendere, in Sicilia, in Campania, in Calabria, anche in Sardegna e in Puglia, questo è un fatto. Il Sud è in larga misura da molto tempo vittima della sua propria cattiva amministrazione.

Dunque, un giovane sposo di Caltanissetta, al termine di una trepida gravidanza della sposina, ha un figlio “nero nero”. È suo, non è suo? I tempi della gravidanza sono quelli del viaggio di nozze. Lui aveva un avo nero, lei aveva un avo nero? No, lei non ha resistito alle grazie di un giovanottone africano in servizio nel resort di vacanza. Che ne direbbe Riina? Queste cose addolorano i professionisti dell’antimafia. Ma, certo, la mafia non è tutto – ci sono anche le sposine, in S icilia, che se la fanno con un bel giovane.

Il mare omerico colore del vino, vecchio indovinello, ha un’eco in Shakespeare, nell’atto secondo del “Macbeth”, alla scena seconda. Il re con lady Macbeth evoca, dopo il minaccioso “sleep no more”,  “gli innumerevoli mari che invermigliano, rendendo rosso il verde” (trad. di Giuseppe Costigliola).
Qui si tratta di sangue. Il re evoca con lady Macbeth i suoi delitti, e dopo lo “sleep no more”, la maledizione dell’ultima sua vittima, si chiede: “Laverà l’acqua dell’oceano tutto questo sangue dalle mie mani? No, al contrario le mie mani macchieranno il mare di scarlatto, facendo rosse le acque verdi”.
Però: e se anche il mare di Omero fosse diventato rosso di sangue?

La “donna del Sud” gentile di tanti libri e film americani è invece forte nel ritratto che Lillian Hellman dedica alle zie nubili con le quali è cresciuta a New Orleans. In “Pentimento” e in “Maybe”, due delle quattro memorie semi-autobiografiche, assegna alle zie un ruolo e una competenza rare, Le insegano a comportarsi “da signora”, ma senza conformismi. E sono anzi un esempio di contestazione, oltre che di fierezza e di coraggio,.

“Noi meridionali bianchi”, aveva scritto Lillian Helliman in “Il tempo dei furfanti”, sulla persecuzione maccarthysta in America contro i “comunisti”, “cafoni, reazionari e no, siamo tutti tirati su con al convinzione che sia nostro diritto pensare come ci pare, e andare per la nostra strada, per stravagante che sia”. È vero, dev’essere un fatto di meridiani, il compromesso con se stessi oppure no.
Certo, i meridionali italiani non sarebbero bianchi, ma per il resto.

L’Orientale, l’università di Napoli, si è gemellata con Shangai. Che ha preso sul serio la cosa e subito ha mandato un costosissimo e ingombrante Confucio in marmo. S’immagina la capitale del Sud della Cina, e suo grande porto, all’idea del gemellaggio con Napoli, che nella memoria dell’Estremo Oriente, quando ancora si viaggiava per nave (anche con la flotta Lauro), fino ai primi anni 1960, era la porta del’Europa: l’Asia metteva piede in Europa a Napoli – la città è tuttora popolarissima in Giappone e Cina: le canzoni, i mandolini, la pizza e tutto. Sorpresa invece e sconcerto all’Orientale. Il montante e il declinante?

Senza scandalo, questo si legge nel rendiconto di un Comitato di mobilitazione civile di un remoto paese della Calabria, uno dei tanti creati nel clima patriottico del \915-18, a chiusura della sua attività, nel 1919, a proposito di “gran quantità” di fasce e farsetti di lana, e di calze, inviate al 20.mo Fanteria: “La speciale menzione di questo reggimento, formato in massima parte da Calabresi, è dovuta al fatto che esso fu uno dei più duramente provati nei frequenti urti impetuosi e accaniti contro la soldataglia austro-tedesca, e perché ininterrottamente fu lasciato in prima linea per ben tre anni”. Non c’era solo la Brigata Catanzaro, che alla fine si ammutinò – per essere decimata, i sopravvissuti, dai Carabinieri.
C’era il leghismo anche in guerra.

Il ritorno, triste
Il signor Siciliano, o Calabrese, parte con la famiglia da Abbiategrasso, fa caldo la non importa, il viaggio è lungo, mille, millecinquecento chilometri ma non importa, le strade sono intasate, ma si sa, è la stagione, tutti ci spostiamo, le stazioni di servizio sono sovraffollate, lunghe code alle casse, per un caffè si può perdere un’ora, si fa la coda alla traghetto a Villa San Giovani, ma che importa, ormai siamo alla fine del viaggio. E quando arriva in casa non c’è l’acqua.
Bisogna essere previdenti. Bisogna arrivare a casa di giorno – l’acqua la tolgono di notte. Oppure chiedere a un parente, a un vicino, di mettere da parte un po’ d’acqua. Non si potrà fare la doccia, dopo tanto peregrinare al caldo in coda, ma almeno darsi una rinfrescata alle mani sì. La prossima volta bisognerà  pensarci. Ma ci sarà una prossima volta? I familiari sono stanchi, e e hano anche ragione.
Non è la sola sorpresa – brutta cioè. E nonostante tutto si torna.
La casa ha bisogno di riparazioni. Se si sta dai parenti, i parenti hanno problemi. Sono gentili e li nascondono, ma è peggio. Soprattutto pesa la mancanza dell’acqua. Di un’amministrazione, per quanto modesta. Per cui incontrando consiglieri, assessori e sindaci, tutti conoscenti e un po’ amici, uno è portato a cattivi pensieri piuttosto che lieti.
Il ritorno è un atto di fede. Si vede che abbiamo bisogno di fede.. 

Calabria
Calafrika. I giovani di Pianopoli si fanno il festival ogni anno, cinque giorni di musica, con gli africani, del Nord e del Sud del Sahara. La Calabria coniugando con l’Africa: Calafrika. Si fa musica soprattutto, e street art, insomma graffiti. Con molte fotografie, come usa, e molti convegni. Anche un torneo di calcetto, misto – a razze miste, cioè. Il razzismo c’è, ma il calabrese non ne ha paura – non lo fiuta, non lo sente. Risponde al razzismo di cui è vittima con la sfida. Non diretta, indiretta. Senza nemmeno un’alzata di spalle. A “africano!”, o “saudita!”, saudita e africano due volte.

S’immagini un veneto avventurato a Pianopoli. È difficile che un veneto capisca – l’ironia è per gli ironici - e quindi il disprezzo non si disinnesca. Né si può pensare che questi inneschi siano produttivi di alcunché, a parte il tempo passato insieme. Nn è neppure una risposta alla Grillo. Ma una forma di compensazione sì: è una scelta. Meglio un afrikano di un veneto?

È una regione montuosa ma d’estate manca l’acqua. La ragione è semplice. Gli acquedotti sono degli inizi della Repubblica, quando l’acqua si usava in casa per bere e cucinare, ci si lavava poco, e i panni si lavavano al fiume o al lavatoio pubblico. Poi la popolazione si è sfoltita con l’emigrazione, al Nord e oltralpe, ma ogni casa si è dotata di bagni spesso doppi, docce, macchine lavapanni, macchine lavapiatti. I consumi di acqua sono decuplicati? Sono decuplicati, come minimo, gli acquedotti sono gli stessi, i sindaci di altro si curano..

Il paese aveva due discariche alle due entrate sulla statale. Che un sindaco infine ha ripulito, sostituendole con i cassonetti, a cui tutti si sono adeguati. Il successivo sindaco ha introdotto la raccolta differenziata e tutti si sono adeguati, sembra quasi che non ci sia in giro neppure una cicca. A volte basta poco.

Si riempiono i paesi ad agosto di macchine tedesche, nere, cc.1.800-2.000. Sono un must. Di seconda mano, come usa a Milano tra manager e uomini d’affari, macchine aziendali o importate (mezza Italia serve da seconda mano al mercato tedesco). Nulla di eccezionale, ma il richiamo è forte con i turchi che sbarcavano a Cesme dalla traghetto di Brindisi, con macchine naturalmente tedesche, tornando essi dalla Germania, ma tutte grandi e nere, che prima che si aprissero i portelloni imponevano la testa bassa alle figlie adolescenti che avevano impazzato per tutta la traversata, e un fazzoletto quadrato in capo ala moglie. Questo in Calabria non c’è, la disciplina delle figlie e il fazzoletto.

Però, si può uscire dal fruttivendolo con sei chili di frutta, prugne claudia, pesche tabacchiere, pesche gialle, pere coscia, banane, nocepesche bianche piccole, e aver pagato € 5. È un altro mondo, e anche un’altra economia?

Quattro-cinque km. di spiaggia bianca, mare cristallino, costoni omerici, dalla foce del Petrace all’Olivarella, e nessun retroterra, a parte gli ombrelloni: la marina di Palmi, cittadina borghese, ha un solo albergo, che apre due mesi, un campeggio e uno spiazzo (sul mare) per le roulotte. Quello che ha creato cinquanta o sessant’anni fa, quando si è fesa conto di avere un mare molto bello. Lavorare stanca.

Anche la pesca. Si esibiscono ancora in tv i toponimi e le barche per la pesca del tonno e del pesce spada,  ma Scilla, Bagnara, la Tonnara di Palmi, che se ne facevano la specialità, da tempo non pescano più. Un po’ tutti orgogliosamente si dicono di famiglia di pescatori, ma nessun pesca, non da ora. Pescano i giapponesi, che degli scarti del loro sontuoso consumo fanno mercato all’alba, a Vibo Valentia – poca roba, per lo più alici e sarde, il resto viene dagli allevamenti: il pesce più pregiato in Calabria è, dopo lo stoccafisso norvegese, il salmone, che è pure norvegese ma viene bene in allevamento.

L’Osservatorio della ‘ndrangheta, che si appropria di tutta la sua dotazione, 800 mila euro, senza produrre alcunché non è male – ci vuole fantasia.

I veneti sbarcati in Aspromonte
Si celebra in paese sull’Aspromonte, come un po’ dappertutto, il centenario della Grande Guerra. Discorsi, vecchie foto, vecchie poesie, canzoni di guerra e di morte, etc. Si scopre nell’occasione che all’entrata in guerra il paese si era dotato di un Comitato di mobilitazione civile, per la fornitura di indumenti, generi di conforto, e aiuto alle famiglie più povere dei mobilitati. Una modesta plaquette, “Resoconto morale e finanziario della gestione”, riporta tra l’altro: “Con deliberato 7 novembre 1917 si stabilì l’assistenza, mediante separate oblazioni, ai profughi di guerra con alimenti, indumenti, ricovero e quant’altro fosse necessario, fin dal loro arrivo, per confortare italianamente i loro disagi e lenire le loro sofferenze morali”.
Questa non l’avremmo mai immaginato, di avere sfamato friulani e veneti. Anzi, di aver lenito le loro sofferenze morali.

leuzzi@antiit.eu

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