Due traduzioni, due Rilke. Il
“romanzo” di Rilke, 1910, è disponibile in due traduzioni. Quella Garzanti di
Furio Jesi, la più vecchia, quarant’anni fa, diciotto o diciannove edizioni, con
introduzione critica e note al testo. E quella più recente, vent’anni fa, di
Giorgio Zampa, tre edizioni. La versione più corretta sembra alla fine paradossalmente
quella più intromettente e meno rispettosa, manomissoria, di Jesi. Se uno
conosce Rilke per altri versi, e per gli interessi manifestati dopo “I
quaderni”.
Jesi (che nello stesso 1974
pubblicava “Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Rainer Maria Rilke”)
anticipa l’inabissamento di Rilke nella magia, mentre questo avviene più tardi.
Rilke qui rifà “Werther/Wilhelm Meister” dopo Nietzsche. S’interroga, con linguaggio
espressionista e tecniche pittoriche impressioniste, ancora su “Dio” (la vita,
la morte, la vita che corre verso la morte). E tuttavia la traduzione di Jesi è
quella che si dice più “aderente”: rilkiana, mimetica.
Lo studioso di mitologia
sembrerebbe anche il meno adatto a leggere consistentemente Rilke. E invece è
probabilmente il suo punto di riferimento principale. Da germanista, il campo
di studi cui si dedicò professionalmente, all’univevrsità, dopo svariate altre
attività, a 33 anni, nel 1964. A partire dallo studio che pubblicò quell’anno, “Rilke
e l’Egitto (considerazioni sulla X Elegia di Duino)" - il lavoro post-Duino infine sbloccato dal viaggio in Egitto, davanti alla Sfinge, fra tramonto e notturno lunare.
Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge,
Garzanti, a cura di Furio Jesi, pp. XXIII + 224 € 12
Adelphi, a cura di Giorgio Zampa,
pp. 213 € 19
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