Sembra
impossibile ma con la riforma di Renzi lo squallore Rai raggiunge vette record,
un masochiamo da suicidio.
La
culla del sottogoverno ritorna feudo del governo. Non più il Parlamento, come
voleva la legge Gasparri, pure tanto criticata, ma il governo, direttamente e
attraverso al sua maggioranza in Parlamento, nominerà il consiglio e il
direttore generale-amministratore delegato. Lo nominerà fra tre anni, ma prima
delle elezioni, che Renzi assolutamente vuole vincere. Ma cautelandosi anche
per la sconfitta: legherà comunque a sé il consiglio Rai per cinque anni
attraverso il contratto di programma, di durata non più triennale ma
quinquennale, attraverso il quale il governo, e non più il Parlamento,
stabilirà gli indirizzi – la “linea”.
Una
controriforma fantastica, tanto è radicale – neanche Putin ha osato tanto. Gabellata
dai media come riforma. Che il Parlamento vota obbediente. Nel silenzio quasi
generale. Soprattutto dei sindacati Rai, per questioni molto meno importanti
solitamente ciarlieri e critici. Se ne parla sui media giusto per dare conto
dello scontento delle minoranze nei partiti, esigue. Sul merito silenzio
totale, di cronisti e commentatori. Di questi, degli intellettuali, si può
pensare che sia per prudenza, la Rai è pur sempre una comoda, per quanto
piccola e parsimoniosa, mammella. Ma gli altri, soprattutto i giornalisti Rai,
i dipendenti?
Un
silenzio che è peggio della controriforma: un conformismo che travalica così
rassegnato nel masochismo. . Per molto meno, con altri schieramenti, abbiamo
assistito a rivolte generali dei media, qui tutti zitti. Anche i professori e
augusti giornalisti parlamentarizzati dal Pd.
Ma
più che complici, i media sembrano corvi in attesa di impadronirsi delle risorse
pubblicitarie che la Rai, malgrado tutto, ancora drena: Il sottinteso è: che la
Rai sia ridotta a portavoce del governo, a noi gli ascolti e la pubblicità.
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